L’asse Iran-Israele
La rappresaglia solo simbolica di Netanyahu contro Teheran conferma che i destini dei due Paesi sono molto più legati di quello che la retorica bellicosa farebbe pensare
Per quanto possa apparire paradossale, oggi è Israele che offre la migliore garanzia di sopravvivenza al regime di Teheran, di certo non Hezbollah né gli Houthi, ma neppure la Russia o la Cina, per le quali potrebbe anche trasformarsi in una palla al piede
Manlio Graziano
Un giorno dopo essere stato attaccato militarmente da Israele, l’Iran ha reagito. Verbalmente. Teheran ha affermato di avere «il diritto e il dovere di difendersi», aggiungendo poi di lavorare «per la pace e la stabilità della regione».
Sabato, dunque, abbiamo avuto due conferme dal di solito imprevedibile Medio Oriente. La rappresaglia di Israele contro l’Iran, attesa da un mese, è stata di nuovo poco più che simbolica, e dimostra che Israele non ha nessuna intenzione di distruggere il regime degli ayatollah.
L’Iran di Khamenei rappresenta infatti per lo Stato ebraico il nemico ideale, il pretesto per attaccare e distruggere tutto quello che trova sulla sua strada a sud, ad est e a nord, ma anche per mantenere alta la tensione – e quindi la coesione – interna.
L’Iran svolge un ruolo irrimpiazzabile e deve quindi essere mantenuto in vita; se non ci fosse, avrebbe detto Voltaire, bisognerebbe inventarlo.
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