L’antitrust populista di Trump fermerà Big Tech?
Nonostante l’influenza di Elon Musk e delle grandi aziende sull’amministrazione USA, resiste un’anima che sfida il potere delle piattaforme. E porta Facebook a processo
L’ossessione della destra trumpiana per il “free speech”, per la libertà di espressione, è usata di solito per legittimare ogni proclama di estrema destra, razzista, violento, ma può essere anche un argomento valido per limitare il potere delle piattaforme digitali: un settore troppo concentrato è un settore dove è più facile coordinarsi. Il coordinamento distrugge il “mercato delle idee”, consente la censura, e questo non va bene ai trumpiani
La Commissione europea ha raccomandato ai suoi funzionari in partenza per gli Stati Uniti per gli incontri di primavera alla Banca mondiale e Fondo monetario internazionale di viaggiare con i cosiddetti “burner phones”, vecchi cellulari non smart, di quelli usa e getta, da buttare al rientro.
Una precauzione che fino a poco tempo fa veniva presa giusto per i viaggi in Cina, per timore di tornare con qualche sorpresa nel telefono, qualche trojan che lo trasforma in una microcamera con microfono sempre accceso a beneficio di spioni stranieri. L’altro rischio è quello di vedersi succhiare informazioni.
Gli Stati Uniti erano, da questo punto di vista, un Paese amico e sicuro, ma non è più così. Adesso l’America è pericolosa, anche e soprattutto per l’intreccio tra l'amministrazione Trump e le aziende di Big Tech.
Sono appena stato anche io negli Stati Uniti, a Chicago, e il clima è decisamente cambiato rispetto a qualche mese fa, prima dell’arrivo di Trump.
Non ricordo, nei viaggi degli anni scorsi, i dettagliati video mostrati già a bordo dell’aereo sulla necessità che tutti - ma proprio tutti - si sottopongano ai controlli dell’immigrazione. E quel monito ripetuto in ogni comunicazione ufficiale che un visto o il permesso per viaggiare senza - l’Esta, con cui molti italiani entrano negli Stati Uniti - non diano alcuna garanzia di entrare davvero: l’ultima parola spetta ai funzionari dell’immigrazione.
E da settimane le cronache raccontano di stranieri che finiscono in guai un tempo impensabili: addirittura ammanettati e portati via in catene dall’aeroporto, detenuti per sei settimane nei centri per immigrati irregolari, senza processo, senza garanzie.
Chi ha un visto di lavoro trema al pensiero di quando dovrà rinnovarlo, chi sta negli Stati Uniti da anni con la green card, il permesso permanente per vivere e lavorare, si affretta a chiedere la cittadinanza, perché i non-cittadini possono essere deportati su richiesta del segretario di Stato se interferiscono con la politica estera americana.
Una possibilità fino a poco fa del tutto teorica, ma che ora il segretario di Stato Marco Rubio ha iniziato a esercitare sul serio.
A uno sguardo di insieme, la democrazia americana sembra vicina al collasso: tutti hanno paura, l’amministrazione Trump congela i fondi delle università per condizionare la loro agenda di ricerca, i dipendenti ricevono pre-allerte di possibili licenziamenti di massa, i professori consigli su come eliminare i propri account social, gli studenti stranieri che nei mesi scorsi hanno partecipato a proteste pro-Palestina sanno che potrebbero essere deportati anche soltanto per un post di sostegno alle manifestazioni.
Manifestazioni che, nel frattempo, sono svanite nel nulla: va bene la solidarietà con i palestinesi, ma la battaglia che al tempo dell’amministrazione Biden sembrava cruciale per gli studenti di Columbia e di altri atenei ora è considerata troppo pericolosa.
Eppure l’amministrazione Trump non è così compatta come sembra, le due anime, quella populista e quella tecnocratica, sono in continua tensione, e gli esiti sono imprevedibili. E questo si vede proprio sul terreno cruciale, quello del rapporto con le grandi aziende tecnologiche.
Nel mondo di Trump c’è Elon Musk, che incarna la saldatura tra il trumpismo e le piattaforme digitali, che passa per il sostegno del governo al mondo delle criptovalute e si declina nelle pressioni su TikTok per cedere le sue attività americane e sull’Unione europea per ammorbidire il suo approccio alle Big Tech americane. 3.41
Però nel mondo di Trump c’è anche un’altra ala, quella populista, che alle Big Tech invece ha dichiarato guerra, e che sta di fatto portando avanti le battaglie dell’amministrazione Biden ispirate alle idee di Louis Brandeis: usare gli strumenti dell’antitrust contro le grandi concentrazioni di potere economico, e politico, a beneficio del popolo.
L’antitrust populista
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