La tentazione Orbán
Il leader ungherese usa la presidenza di turno dell'Unione europea per dimostrare alle destre del continente che l'Ue non può fermare la deriva autoritaria di uno Stato membro
Il vero danno che Orbán causa all’Europa e all’Occidente nel suo complesso è dimostrare ogni giorno che una democrazia illiberale, o quasi-dittatura che dir si voglia, può coesistere e prosperare con un ordine sovranazionale che professa valori molto diversi, democratici, liberali, internazionalisti
Quando il premier dell’Ungheria Viktor Orbán finisce di parlare davanti all’assemblea plenaria dei parlamentari europei, alcuni di loro intonano Bella Ciao, il canto della resistenza contro un invasore che stavolta non arriva dall’esterno, ma dall’interno.
Orbán parla come presidente di turno dell’Unione europea, una carica ormai ridondante, da quando c’è un presidente permanente del Consiglio europeo dei capi di Stato e di governo, ma che finisce per essere una specie di vetrina del Paese la ricopre. E delle sue idee di Europa.
Già a luglio Orbán ha fatto capire che intendeva sfruttare ogni grammo di influenza politica e - una volta iniziato il semestre di presidenza - è subito volato a Mosca dal suo amico Vladimir Putin a discutere un piano di pace europeo che nessuno gli aveva dato mandato di negoziare.
Un paio di mesi prima Orbán aveva accolto in Ungheria il presidente cinese Xi Jinping, che nella Repubblica magiara ha trovato la destinazione ideale degli investimenti cinesi dentro l’Unione, in particolare per la costruzione di auto elettriche che saranno esentate dalle tariffe punitive che colpiscono soltanto quelle importate.
I campi di concentramento
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