La sconfitta di Assange
Il fondatore di Wikileaks si dichiara colpevole, la giustizia americana alla quale si è sempre sottratto lo lascia libero. Altro che persecuzione. Assange non era un martire, ma un equivoco
Ora che questa storia è finita e che Assange ha perso anche il suo status di martire, c’è solo da sperare che lo accolga l’oblio che merita. E che si dedichi alla famiglia invece che cercare qualche altro dittatore per cui lavorare
E così Julian Assange è libero e tornerà in Australia, potrà riabbracciare i figli e la famiglia. L’uomo Assange è libero, il simbolo Assange è finito.
E il simbolo Assange è finito male, perché la conclusione - quasi definitiva - della sua vicenda giudiziaria rivela il bluff, l’ipocrisia di una battaglia che non è mai stata a difesa della libertà di stampa ma a difesa di uno strano personaggio, nella zona grigia tra attivismo e servizi segreti, che ha rubato segreti agli Stati Uniti e poi ha avuto un lavoro da quel noto difensore della libertà di stampa che è Vladimir Putin, con i cui servizi segreti Wikileaks ha collaborato.
Il simbolo Assange finisce male anche perché si scopre che tutto quello che i suoi sostenitori hanno raccontato in questi mesi non era vero.
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