La normale cultura dello stupro
NESSUNA - La rubrica di Anna Menale per Appunti su donne e questioni di genere: la storia di Gisèle Pelicot, drogata per anni dal marito che la faceva stuprare, non è un caso così unico come sembra
Non ci troviamo, come si potrebbe pensare all’apparenza, di fronte a un caso "unico", irripetibile, estremo di violenza di genere, ma racchiude tutte le dinamiche presenti in una relazione di squilibrio di potere tra i generi
Anna Menale
Il 23 ottobre Gisèle Pelicot, 72enne di Mazan (comune francese di poco più di 5 mila abitanti), ha testimoniato al tribunale penale di Vaucluse nel processo in cui sono imputati più di cinquanta uomini di età compresa tra i 26 e i 74 anni accusati di averla stuprata.
Il caso è iniziato quando una guardia di sicurezza ha sorpreso Dominique Pelicot, l’ex marito 71enne, mentre filmava sotto le gonne di alcune donne in un supermercato.
Sono poi partite delle indagini in cui la polizia francese ha controllato il suo pc e ha trovato un file chiamato “Abusi”. Lì c’erano i filmati delle violenze sessuali subite da Gisèle Pelicot.
È così che lei ha scoperto che negli anni – nove anni, dal 2011 al 2020 – l’ormai ex marito l’ha ripetutamente drogata e ha organizzato tramite chat online gli stupri che ha subito da incosciente.
Gli uomini accusati sono in tutto ottanta, ma soltanto cinquantuno di questi sono stati identificati. Tra loro ci sono un giornalista, un infermiere, una guardia carceraria, un soldato, alcuni camionisti. Uomini che svolgono vite normali con lavori normali.
Le scelte di Gisèle Pelicot nella gestione di questo caso e della sua storia sono state sin dal principio molto politiche.
Innanzitutto ha scelto di avere un processo a porte aperte, permettendo ai giornalisti di entrare e di scrivere il suo vero nome, nonostante avrebbe potuto godere dell'anonimato: “Non dobbiamo essere noi a vergognarci. Devono essere loro”. Poi ha aggiunto: “Voglio che tutte le donne che hanno subito uno stupro dicano: la signora Pelicot l’ha fatto, quindi posso farlo anch’io. Non voglio che si vergognino”.
Durante l’ultima udienza ha parlato anche di cultura dello stupro, un concetto ampiamente trattato nell’ambito delle filosofie del femminismo.
La giornalista Susan Brownmiller ne ha parlato nel libro Against our will: Men, women and rape del 1975, un’opera che ha introdotto per la prima volta il concetto di stupro non come atto sessuale ma di potere. Un atto dettato, cioè, non dal desiderio sessuale verso una donna, da un istinto irrefrenabile, ma dalla volontà di esercitare un potere – tanto fisico quanto mentale – su una donna, considerata alla stregua di un oggetto.
Lo stupro, per Brownmiller, quinidi, non c’entra con la libido, ma con il desiderio di prevaricazione. "Tutti gli stupri sono una questione di potere", scrive infatti.
Reagire alla violenza di genere
In Francia dopo il caso Pelicot ci sono state molte proteste nelle piazze contro la cultura dello stupro. Davanti al tribunale dove si tiene il processo si sono riunite tante persone con l’intento di mostrare supporto a Gisèle Pelicot sin dall’alba e nelle città francesi ci sono scritte sui muri come: "Gisèle, le donne ti ringraziano".
In aula le è stato chiesto come abbia fatto a gestire questi mesi in cui ha scoperto le violenze subite, e lei ha risposto: "Molte donne e molti uomini mi dicono che sono coraggiosa. Io dico che non è coraggio: è volontà e determinazione di cambiare la società".
Gisèle Pelicot vuole che la sua storia permetta di fare luce su una cultura che normalizza la violenza contro le donne. Crede che le persone debbano "imparare in primis la definizione di “stupro” e che il profilo di uno stupratore non sia necessariamente "una persona incontrata in un parcheggio a tarda notte. Può essere anche in famiglia, tra i nostri amici".
È l’ennesima donna che ci ricorda che i mostri non esistono, se non nei film drammatici.
Dominique Pelicot di giorno usciva per fare la spesa, accompagnava la moglie a fare visite mediche, e di sera apriva le porte di casa sua a degli uomini sconosciuti per far sì che la stuprassero.
Non ci troviamo, come si potrebbe pensare all’apparenza, di fronte a un caso "unico", irripetibile, estremo di violenza di genere (ciò si evince anche dal numero delle persone coinvolte: sono talmente tante e talmente tanto differenti tra loro che di certo non fanno parte di un unicum), ma racchiude tutte le dinamiche presenti in una relazione di squilibrio di potere tra i generi. La cultura dello stupro è parte del tessuto sociale in cui viviamo.
Dopo casi simili di violenza sulle donne, c’è sempre tanta indignazione generale. Capita spesso però che si tratti di indignazione effimera. Questa volta c’è un vero "prima" e un vero "dopo" il caso Pelicot?
Ho chiesto ad alcune donne francesi quale sia stato l’impatto di questo caso in Francia e cosa, secondo loro, potrebbe cambiare sul lungo periodo.
Due generazioni a confronto
Ho contattato Charlotte Bulle, 35enne che vive nella regione Lyonnaise dopo aver letto alcuni suoi tweet sul caso Pelicot, e mi ha detto: "Secondo me questo caso ha avuto un impatto soprattutto sulle persone non militanti, che non credevano nella lotta femminista o che la minimizzavano. Ho l’impressione che ci sia stata una specie di presa di coscienza".
La presa di coscienza di cui parla si estende anche all’ambito familiare: "In relazione al numero delle prove, alla durata dei fatti e al numero degli imputati, le persone comuni si trovano di fronte ad una violenza imponente, ingiustificabile. Ci troviamo di fronte a questa realtà: chiunque è potenzialmente uno stupratore".
Charlotte mi ha anche raccontato che le sembra che il caso Pelicot stia effettivamente portando più donne a parlare delle violenze subite: "Con il processo Pelicot, le parole delle vittime diventano più udibili, perché ora c’è un esempio concreto, impossibile da negare, che dimostra che ciò di cui parliamo e ciò che denunciamo non sono i “deliri delle pazze nelle piazze”, ma fatti che esistono nella realtà. E che ci sono meccanismi, schemi di pensiero maschili, che permettono questo. Considerare le donne solo come oggetti o strumenti a seconda dei “vantaggi” che portano (in termini di piacere, immagine, comodità)".
Il suo pensiero è in linea con quanto descritto dalla giornalista e scrittrice femminista Rebecca Solnit nel libro Gli uomini mi spiegano le cose (Ponte alle Grazie), nel momento in cui parla di "credibilità" come "strumento essenziale di sopravvivenza".
Da giovane lo zio del suo ex fidanzato - scrive Solint - le raccontò la storia della moglie di un suo vicino di casa uscita nuda nel cuore di una notte "gridando che il marito voleva ucciderla":
"Gli chiesi come faceva a sapere che il marito non aveva realmente provato a ucciderla e lui mi spiegò pazientemente che si trattava di persone rispettabili. Perciò l’ipotesi del “marito che voleva ucciderla” non era una spiegazione credibile per il comportamento di quella donna. Mentre l’idea che forse era matta…"
Oggi c’è uno spiraglio che si sta aprendo nell’ambito della credibilità delle vittime, per Charlotte, ma non basta: "Il problema è che ogni volta che le donne trovano il coraggio, una voce, una sorellanza, per affrontare queste violenze, la risposta maschilista è molto violenta. Sembra sempre che fare un passo avanti per le donne significhi farne due indietro".
Olivia Lebeau, una mia amica 22enne che vive e studia a Parigi, la pensa così: "Il caso Pelicot ha avuto un grande impatto in Francia: ha aperto un dibattito sulle violenze che le donne subiscono ogni giorno nella nostra società, ma anche sul fallimento delle strutture del governo, della giustizia, della polizia".
"In Francia, le persone sono coscienti del fatto che il nostro sistema debba essere cambiato e migliorato per il benessere di tutti", ha proseguito.
Per Olivia questo caso ha aperto un dibattito soprattutto sulla cultura dello stupro e sulle condizioni che vivono le donne vittime di violenza: "Le condizioni di trattamento delle vittime dall’inizio (sin dalla prima denuncia) alla fine del processo devono essere migliorate perché fino ad ora il supporto è stato scarso. C’è anche un enorme bisogno di parlare di educazione alla cultura dello stupro per combatterla".
Una necessità, quella di far luce su una cultura che alimenta la violenza di genere, condivisa.
Come ci tiene a precisare Charlotte, "questo caso non è stato una sorpresa per le femministe e per le altre vittime". Lo è stato soltanto per gli altri, al di fuori della bolla.
Da leggere!
L’appuntamento a Firenze
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Nello Cristianini è professore di Intelligenza Artificiale all’Università di Bath, autore del volume «La scorciatoia» (Il Mulino, 2023), e di una serie di saggi e articoli specialistici sul tema dell’intelligenza artificiale, apprendimento automatico, analisi del linguaggio, conseguenze sociali ed economiche dell’adozione delle tecnologie intelligenti.
Agnese Fedeli è giornalista professionaista e direttrice di Florence TV. Fortemente orientata al social journalism, con una specializzazione per il mondo Telegram, promuove il THiNK Lab Festival per la promozione della cultura digitale. L’interesse principale dell’iniziativa è sviluppare non solo il tema digitale, ma una vera e propria cultura che funga da bagaglio collettivo per affrontare consapevolmente il mondo della tecnologia e dell’innovazione, facendo in modo che si configuri come un’opportunità e risorsa e non come una minaccia.
Giorgia Giovannetti esperta di economia internazionale, insegna scienze per l’economia e l’impresa all’Università di Firenze, dove ricopre il ruolo di vicepresidente per le relazioni internationali dell’ateneo. È visiting professor alla European University Institute e part time professor alla New York University, inoltre è membro del Consiglio di Reggenza della Banca d’Italia di Firenze.
Il dialogo Stefano Feltri - Laura Turini su Stroncature
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come sempre riesci a scrivere cose molto interessanti, anche quando forse non avresti voluto avere certi temi da affrontare
(sulla questione che lo stupro abbia a che fare con il potere e non con il sesso, ai miei occhi è chiaro da un po'
e il libretto di Solnit è davvero illuminante, e allo stesso tempo brillante nella scrittura)
Maggiore diventa la violenza sociale, la mancanza di rispetto per l'altra/o e maggiormente si afferma la legge della sopraffazione. Può essere una mia impressione, ma la degenerazione dei rapporti sociali sta prendendo una deriva dalla quale non vedo ritorno