La maggioranza silenziosa europeista
Il successo della manifestazione di Roma promossa da Michele Serra dimostra che gli sconvolgimnenti attuali si possono affrontare con più serietà e più gravitas rispetto a quanto fanno i partiti
Di Erasmus e Interrail si è parlato soltanto dopo un paio d’ore: c’è la guerra, la nostra idea di Occidente è riscritta dalle bombe e dalle estorsioni di Donald Trump, e nessuno è disposto a morire per un semestre all’estero o un viaggio in treno a prezzo scontato.
La piazza europea promossa da Michele Serra ha dimostrato due cose: che l’Europa, come simbolo e come progetto concreto, può essere una fonte di entusiasmo ed energia politica finora mai davvero sfruttata, e la seconda cosa che ha dimostrato è stata l’inadeguatezza dei partiti italiani, soprattutto del centrosinistra, a incanalare quell’energia in modi e forme all’altezza delle sfide di questo momento.
Chi c’era avrà sentito l’energia e anche l’emozione che riuniva le persone in piazza del Popolo a Roma. Michele Serra ha trovato le parole giuste per dare una cornice a quell’emozione.
In sintesi, il giornalista di Repubblica ha detto che in questo momento di smarrimento una cosa che ci unisce è il desiderio di cercare risposte negli ideali e nel progetto europeo, non in qualche cultura o identità del passato, che sia quella della sinistra comunista o del cattolicesimo progressista, sfumature che scompaiono nell’età delle motoseghe di Elon Musk e Javier Milei.
Tutti vogliamo pace e libertà, ha detto Serra, ma questi due concetti sono così fragili che nel maneggiarli rischiamo di mandarli in frantumi.
Queste iniziative si misurano prima nella potenza simbolica e poi nei dettagli. E i simboli erano i seguenti: tante, tantissime bandiere europee, qualcuna arcobaleno della pace, qualcuna dell'Ucraina, sintesi perfetta dello spirito della piazza.
Soltanto per pochi le certezze su cosa fare impediscono di riconoscersi in una comune identità: chi contesta l’Europa delle armi e chi quella dell’inadeguatezza militare e politica si è dovuto confrontare con decine di migliaia di altri che invece antepongono quello che ci unisce a quanto ci divide.
Sempre sul fronte dei simboli: leader e dirigenti del centrosinistra presenti e passati hanno fatto atto di presenza, tra la gente, non sul palco. Io ho incrociato Filippo Sensi, Massimo D’Alema, Claudio Martelli. Ma quella europea non è stata la piazza di un partito, o di una corrente, è stata una piazza nuova.
Le bandiere, l’inno alla gioia, le parole di Michele Serra: per la prima volta da quanto mi ricordo si è parlato di Europa in un modo che toccato qualche corda emotiva. Non con i soliti toni tra il burocratico e il propagandistico che usano le istituzioni europee per magnificare le scelte di Bruxelles.
Di Erasmus e Interrail si è parlato soltanto dopo un paio d’ore: c’è la guerra, la nostra idea di Occidente è riscritta dalle bombe e dalle estorsioni di Donald Trump, e nessuno è disposto a morire per un semestre all’estero o un viaggio in treno a prezzo scontato.
Ecco, forse una delle novità della piazza è stata la gravitas, portata da Michele Serra: non era una piazza gioiosa, era una piazza spaventata, ma determinata, che ha superato la stagione dei relativismi, dei sensi di colpa, delle guerre culturali, e che afferma valori occidentali e popolari senza timore di usare schemi e parole frequentati di solito soltanto dalle destre.
L’Europa è un progetto di cui essere orgogliosi, è l’ideale di libertà e pace che accoglie i profughi afghani, che garantisce i diritti alle minoranze e la prosperità anche alle maggioranze, che è indifesa anche perché non ha mai voluto essere imperiale e aggressiva. Ora, se si arma, lo fa per difendersi e proteggersi, non perché ha rinnegato la propria natura.
Sembrano lontani secoli le manifestazioni, frequentate anche da gente di sinistra che forse ieri era a piazza del Popolo, nelle quali all’Unione europea si contestava l’austerità, l’eccessiva ambizione di aver voluto addirittura una moneta unica, le regole ambientali (che altrimenti noi italiani mai ci saremmo dati).
Dove sono stati in tutti questi anni i partecipanti alla manifestazione di piazza del Popolo? I libri sull’Europa non vendono, le trasmissioni sull’Europa non le guarda nessuno, ai dibattiti sulle questioni europee venivano i soliti quattro gatti. E invece.
E invece oggi emerge una maggioranza silenziosamente europeista che non si può politicamente ignorare, che almeno per un giorno trasmette l’immagine di un’Italia saldamente ancorata all’Occidente, e a un Occidente non trumpiano, senza indulgenze verso Vladimir Putin ma neanche verso Donald Trump.
Non c’erano soltanto i lettori anziani di Repubblica che ancora tengono sottobraccio il giornale cartaceo come fossero negli anni Ottanta, c’erano anche i giovani, qualche famiglia con i neonati.
C’erano anche gli scout, che si impegnano per le battaglie civili ma non si intruppano mai in faide di corrente.
Una politica inadeguata
I partiti sono in grado di rappresentare questa piazza europeista? A me sembra, per ora, decisamente di no.
Continua a leggere con una prova gratuita di 7 giorni
Iscriviti a Appunti - di Stefano Feltri per continuare a leggere questo post e ottenere 7 giorni di accesso gratuito agli archivi completi dei post.