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La geopolitica dell’euro
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La geopolitica dell’euro

L’intervento più politico sul futuro dell’Europa lo fa la presidente della Bce Lagarde: è il momento di approfittare della crisi del dollaro causata da Trump

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Stefano Feltri
giu 18, 2025
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Donald Trump forse sarà ricordato come Richard Nixon più per le conseguenze finanziarie delle sue scelte che per quelle politiche: Nixon ha rotto il legame tra dollaro e oro, Trump quello tra dollaro ed economia globale

“Questo è il momento dell’euro globale”. L’intervento di Christine Lagarde sul Financial Times assume una rilevanza geopolitica per i contenuti, ma anche per il momento nel quale viene pubblicato, cioè mentre il Medio Oriente esplode nella guerra tra Israele e Iran e mentre il presidente americano Donald Trump lascia con un giorno di anticipo il G7 in Canada senza spiegazioni chiare, in una perfetta immagine di sintesi della rinuncia degli Stati Uniti a esercitare una egemonia globale.

E’ questo lo sfondo dell’articolo della presidente della Banca centrale europea che indica l’aspetto meno osservato degli sconvolgimenti in atto, ma forse quello più profondo e duraturo, cioè l’improvvisa crisi di fiducia degli investitori nel dollaro come valuta di riserva globale, cioè - potremmo dire - come moneta della globalizzazione.

Prima di entrare nel merito, serve una premessa: la Bce è uscita dalla crisi dell’euro del 2011-2012 come la più solida istituzione europea, l’unica che può esercitare una qualche leadership nei momenti difficili perché è indipendente dai governi nazionali, decide a maggioranza invece che all’unanimità ed è in grado di produrre conseguenze concrete, attraverso il suo impatto sui mercati finanziari ma anche sugli Stati membri dell’eurozona e perfino sugli altri.

Finora, le varie crisi intrecciate - dall’Ucraina a Gaza all’Iran - hanno avuto solo in piccola parte una dimensione finanziaria che creasse uno spazio di azione per la Bce. Ma adesso le cose stanno cambiando, nello specifico stanno cambiando dal liberation day del 2 aprile, quando Donald Trump ha inaugurato la sua politica dei dazi estremi e ha distrutto in un giorno la credibilità degli Stati Uniti come punto di equilibrio dell’economia globale.

Nei momenti di improvvisa incertezza finanziaria, di solito, gli investitori “volano verso la qualità”, come si dice in gergo, cioè cercano di disfarsi dei titoli o delle valute dalle prospettive più incerte e comprano quelle più rassicuranti, soprattutto quelle più liquide, che avranno sicuramente un compratore qualora si decidesse di vendere.

In pratica, il “volo verso la qualità” come risposta all’incertezza significava di solito rifugiarsi negli Stati Uniti, quindi comprare dollari e titoli di Stato americani, che sono i più liquidi del mondo e sono considerati il “safe asset” del sistema finanziario, il titolo sicuro che serve sempre come contropartita in moltissime transazioni.

Con Trump e il liberation day si è visto qualcosa di sorprendente: il dollaro si è indebolito e i titoli di Stato a lungo termine hanno visto crescere il rendimento, segno che gli investitori li vendevano invece di comprarli.

Come si spiega?

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