La fine di Internet o la sua rinascita?
BuzzFeed chiude la sezione news: il sito fondato sui gattini e sui contenuti acchiappaclick è in crisi forse irreversibile e taglia i contenuti giornalistici. Potrebbe essere un'ottima notizia.
Buongiorno a tutte e tutti,
la comunità di Appunti è sempre più vitale, datemi ancora qualche giorno poi torno alla normalità e rispondo a tutti e soprattutto a chi sta iniziando a proporre contenuti, rubriche, interventi (vi ricordo: primo tema è l’intelligenza artificiale, ha già cambiato il vostro lavoro? lo minaccia? mail: appunti@substack.com).
Prima di andare al tema serio - la fine di un certo modello di Internet fondato su pubblicità e contenuti acchiappaclick - due parole sulla polemichetta del giorno.
Il vignettista del Fatto Quotidiano, Mario Natangelo (che è anche un amico da più di dieci anni) ha fatto una vignetta che ha scatenato le ire di mezzo parlamento e di tutto il governo, inclusa Giorgia Meloni in persona.
La vignetta con annesso commento della premier è questa:
Non tutte le vignette devono piacere per forza, e qualche volta Natangelo si diverte a provocare.
Ma in questo caso Natangelo mi sembra ampiamente difendibile.
La cosa grave, per cui scandalizzarsi, è la frase del ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida sui timori di “sostituzione etnica” o la vignetta che rende esplicite le paure che albergano nell’inconscio di chi teme l’uomo nero che viene a portarci via tutto quello che è nostro, a cominciare dalle donne che il maschio Alfa italico sente di possedere come oggetto da tenere in casa al sicuro?
La reazione di Giorgia Meloni è però coerente con il personaggio e il vittimismo programmatico su cui si fonda la propaganda di molta destra e in particolare di quella italiana post-post-fascista.
Il mito fondativo della generazione di Giorgia Meloni è quello della destra minoritaria degli anni Settanta, con i suoi martiri uccisi dagli estremisti di sinistra (evocati perfino nel discorso elettorale della vittoria, il 25 settembre 2022), una destra che gli “altri” volevano tornasse “nelle fogne”.
Poiché questa destra non ha una tradizione spendibile da evocare per chiedere legittimazione, cerca di costruire una empatia vendicativa attraverso la continua denuncia di essere oppressa, attaccata da tutti (tesi bizzarra per una fazione largamente maggioritaria, in questo momento).
Comunque, l’indignazione di Meloni si limita alle vignette di Natangelo. Non una parola per criticare Vittorio Feltri, che non è soltanto un giornalista, ma è anche un consigliere regionale di Fratelli d’Italia in Lombardia, già consigliere comunale (poi dimissionario) a Milano sempre per FdI.
Meloni continua a candidare Vittorio Feltri perché lui rappresenta quello che, evidentemente, la premier pensa essere un comune sentire nell’elettorato di Fratelli d’Italia.
E allora Natangelo è il minimo che questa destra si merita.
Ma adesso veniamo a cose più serie: la fine di Internet come l’abbiamo conosciuta.
Addio alla spazzatura del web?
Di solito la chiusura di un giornale e il licenziamento di tanti giornalisti è una cattiva notizia, almeno per chi lavora in una redazione.
Ma la decisione di BuzzFeed di chiudere la sua parte di news e tagliare il 15 per cento dell’organico potrebbe essere un ottimo segnale per il futuro del web e dell’informazione: è la fine di un modello fondato sui click, il crollo della doppia dittatura del traffico e dei social, cioè dell’idea che i contenuti siano semplici supporti pubblicitari, anche quelli giornalistici.
Nel suo libro Mercanti di verità, l’ex direttrice del New York Times Jill Abrahmson ha raccontato l’ascesa del modello BuzzFeed, che nel 2006 inizia a intossicare il web con quei contenuti che poi sarebbero diventati la norma: celebrità, gattini, gag, titoli a effetto per attirare l’attenzione.
Dopo aver contribuito a creare Huffington Post, sito di news e opinioni ancora quasi tradizionale, nel 2006 Jonah Peretti capisce che è meglio sfruttare le opportunità che il web offre, invece che lamentarsi dei rischi.
Diventa un modello di cinismo e creatività e impone un modello di business poi seguito da editori in teoria molto più seri: contenuti gratuiti, pensati per intercettare l’attenzione dell’utente senza scrupolo alcuno, al fine di vendere pubblicità. Con i social a fare da vetrina.
Nel 2012, BuzzFeed sceglie di puntare anche sul giornalismo: ha il traffico, cerca anche l’impatto e il prestigio. Peretti si affida a Ben Smith, oggi co-fondatore del nuovo sito Semafor.
Oggi BenSmith ricorda con orgoglio un tempo già mitizzato in cui il sito dei gattini competeva con quelli di antico prestigio, nell’illusione che ci fosse un pubblico interessato tanto all’ultima principessa dei film Disney quanto agli scandali del sistema giudiziario americano.
Cosa è andato storto? Ben Smith parla vagamente di una svolta delle piattaforme social “tra 2015 e 2017” con l’affermarsi di una visione “più oscura dei social” e il distacco delle piattaforme dal modello di web che BuzzFeed aveva contribuito a creare.
Non è molto chiaro, ma tra 2015 e 2017 c’è il 2016 con l’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti. Se BuzzFeed è andato in crisi, sembra dire Smith, è colpa di Trump e dei social.
Di sicuro la situazione di BuzzFeed oggi pare drammatica, ha chiuso il 2022 con una perdita di 201,3 milioni di dollari su un fatturato di 436,7.
Il modello si è inceppato, i social non portano più abbastanza traffico, l’insieme della galassia dei siti di BuzzFeed ha visto un calo del tempo dedicato dagli utenti del 21 per cento nel 2022.
Dove sono finiti 624 milioni di ore prima usate per guardare contenuti di scarso livello informativo pensati solo per accalappiare l’utente in cerca di svago?
Difficile che siano state usate per leggere il New York Times, più probabile che siano state usate su TikTok, chissà.
Comunque sta finendo un’epoca, quella dei contenuti pensati per spostare traffico da una piattaforma a un sito, quindi su misura della piattaforma invece che del lettore. Facebook è in declino, Twitter è diventato sempre meno ordinato e caotico da quando è arrivato Elon Musk (da qualche giorno nessuno ha più la spunta blu, che ora è a pagamento: io l’avevo da dieci anni, senza averla mai chiesta, e di certo non pagherò).
Prima Instagram poi TikTok hanno dato il colpo di grazia: social pensati come sistemi chiusi, che scoraggiano l’uso dei link perché vogliono trattenere il traffico, non farlo defluire altrove.
Un intero modo di concepire i contenuti e in particolare il giornalismo all’improvviso non ha più senso, o almeno non ha più un modello di business.
Se non c’è il traffico e manca la pubblicità fondata sui grandi volumi abbinata, che incentivo c’è a produrre contenuti spazzatura? O a produrre così tanta spazzatura da poter pagare anche un po’ di giornalismo serio, come ha fatto BuzzFeed imitata da tante altre testate, anche in Italia?
Senza più questo modello di business, cade anche l’interesse a usare ChatGpt e in generale l’intelligenza artificiale per produrre contenuti fotocopia utili solo per fare click, visto i click non sono più remunerativi.
Il modello BuzzFeed, fondato sulle piattaforme, ha divorato sé stesso. Nel deserto che sta lasciando, forse, ci sarà spazio di nuovo per contenuti sensati e che cercano di offrire un valore all’utente, invece che limitarsi a solleticare le parti meno razionali del suo cervello.
In fondo è anche la mia scommessa con questi Appunti, che un po’ di gente interessata a contenuti diversi ci sia. E voi cosa dite?
E’ stata una lunga giornata, oggi niente consigli di lettura o podcast, ma rimedierò a breve.
Mi limito solo a ricordavi che c’è sempre il mio libro:
Buona giornata,
Stefano
Azzerare ogni idea di giornalismo come inteso finora e ri-pensarlo nel contesto e con le tecnologie di oggi. Siamo invasi dai fatti a costo zero, chi pagherebbe per le opinioni? Buon lavoro e buona scommessa!
Sarebbe interessante approfondire il rapporto tra la possibilità di creare notizie ed opinione per lo più false e il suffragio universale. Non è che internet ha depauperato la democrazia e creato l’oligarchia?