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La fine di Gaza
Appunti di Geopolitica

La fine di Gaza

Il piano di Netanyahu per spingere la popolazione a Sud e affamarla è la premessa di nuovi crimini di guerra e della fine di ogni possibilità di sopravvivenza per i palestinesi

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Stefano Feltri
mag 09, 2025
∙ A pagamento
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La fine di Gaza
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Il 6 maggio le forze israeliane hanno colpito due volte una scuola dell'UNRWA trasformata in rifugio nell'area di Al Bureij, nella parte centrale della Striscia di Gaza. Circa 2.000 persone, molte delle quali sfollate innumerevoli volte durante questa guerra, vi avevano trovato riparo. Dall’Instagram di UNRWA

Il cosiddetto piano Netanyahu è già realtà. Rafah ospitava circa 200.000 palestinesi e ora è stata completamente rasa al suolo. La distruzione totale della città mira a rendere permanente la presenza israeliana a Gaza e a facilitare l'espulsione di gran parte della popolazione

Lorenzo Kamel

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Mentre noi avevamo gli occhi fissi su piazza San Pietro, in Medio Oriente si preparava quello che forse è l’ultimo atto di una tragedia che sta per diventare catastrofe senza ritorno.

Il Consiglio dei ministri israeliano guidato da Benjamin Netanyahu ha approvato lunedì un piano che prevede l’occupazione di Gaza senza un limite di tempo indicato e lo spostamento di centinaia di migliaia di palestinesi nella parte Sud della Striscia, a prescindere da dove siano le loro case e le loro famiglie.

Secondo questo piano, poi, Israele si occuperebbe di sfamare queste famiglie che dovrebbero ritirare il cibo ogni settimana, scrive Al Jazeera, ma soltanto per i palestinesi che non fanno parte di Hamas, ammesso che sia possibile riconoscerli.

Da due mesi Israele non lascia entrare aiuti umanitari nella Striscia, cosa che già ora ha comportato il drastico aggravarsi della situazione per una popolazione che si è trovata nella quasi totalità a essere sfollata e priva dell’accesso a beni e servizi di prima necessità, con case abbattute, ospedali bombardati, comunicazioni interrotte.

Spingere i gazawi verso sud, concentrare 1,5 milioni di persone in una piccola parte della Striscia sembra la prosecuzione estrema della strategia seguita da Israele in quest’ultima fase, cioè affamare e debilitare la popolazione nel tentativo di compromettere la leadership di Hamas.

Israele sta deliberatamente affamando la popolazione di Gaza da fine marzo, quando è scattata la prima - e pare ultima - fase del cessate il fuoco: il governo di Netanyahu ha accettato una prima pausa nelle ostilità per ottenere la liberazione di alcuni degli ostaggi in mano ad Hamas, ma in parallelo ha trasformato la tregua in una nuova fonte di sofferenze e tragedie per i gazawi.

E questo non si può fare, neppure in guerra. Lo statuto della Corte penale internazionale e il trattato del 1998 che la costituisce hanno stabilito che affamare la popolazione civile come strumento di guerra è illegale, così come impedire intenzionalmente l’accesso agli aiuti.

Per questo, per l’accusa di aver commesso questi crimini di guerra, Netanyahu e il suo ex ministro della Difesa Yoav Gallant sono sotto accusa dalla Corte penale internazionale che ha appena respinto la richiesta di appello di Israele.

Qualunque Paese riconosca la giurisdizione della Corte penale internazionale, quindi anche l’Italia, è legalmente obbligato ad arrestarli qualora mettano piede sul suolo nazionale.

Come ha scritto lo storico Boyd van Dijk su Foreign Affairs, a differenza dei bombardamenti sulla polazione civile che lasciano tracce visibili e spettacolari, lo sterminio per fame è la somma di un insieme di decisioni procedurali, di permessi negati, di posti di blocco più severi, di timbri mancanti, è un modo di uccidere “metodico, nascosto e spesso mascherato dietro motivazioni alternative, come imperativi di sicurezza o la prevenzione del contrabbando di armi. Questo processo spesso occultato ha a lungo protetto le campagne di affamamento da azioni legali”.


Il piano di Netanyahu è già realtà

l’analisi di Lorenzo Kamel

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