La fine dei dazi?
Il protezionismo di Trump era illegale, e ora un tribunale lo ha smontato. Chi ha cercato compromessi, come Giorgia Meloni, resta spiazzato
La decisione del tribunale federale che ha dichiarato illegali i dazi di Trump ha come effetto collaterale quello di rendere ancora più irrilevante il presunto ruolo di mediazione di Meloni tra un presidente che viola le leggi domestiche e internazionali e l’Unione europea che prova a farle rispettare
Non pensavo di dover tornare a parlare di Donald Trump così presto, purtroppo il presidente americano tende a monopolizzare la nostra attenzione. Ma quello che è successo è troppo clamoroso per ignorarlo, soprattutto perché cambia drasticamente il quadro per noi europei.
Un tribunale federale specializzato in commercio internazionale ha dichiarato che quasi tutti i dazi di Trump sono illegali e dunque le imprese non sono tenute a pagarli.
La minaccia di tassare tutte le merci europee al 50 per cento all’improvviso appare molto meno credibile.
La Commissione europea di Ursula von der Leyen ha molta meno fretta di arrivare a un accordo entro la scadenza concordata del 9 luglio.
Se von der Leyen usasse linguaggio trumpiano, dopo la sentenza della US Court of International Trade potrebbe limitarsi a dire al presidente che può mettersi i dazi dove crede, ma certo non alle frontiere.
Trump farà appello, porterà il caso alla Corte suprema, ma intanto quasi tutto il suo protezionismo collassa di colpo. E va in crisi anche il suo intero approccio al potere e al ruolo di presidente.
La Corte, infatti, ha dato ragione a un importatore di vini che contestava i dazi e ha usato argomenti difficili da contestare.
Perché era tutto illegale
Trump non aveva i poteri per mettere quei dazi per due ragioni. La prima è che la legge che ha usato, l’International Emergency Economic Powers Act non consente di mettere dazi generalizzati contro praticamente tutti i Paesi del mondo come ha fatto Trump il 2 aprile scorso. E men che meno consente al presidente di variarli a piacimento, per spaventare chi non collabora e premiare chi lo fa.
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