La dottrina Meloni e le sue contraddizioni
Si può essere ponte con Trump senza aumentare la spesa militare? E difendere l’Ucraina senza voler esporre alcun soldato europeo? Le contorsioni della premier
Se depurata dai toni assertivi e dalle polemiche verso gli avversari politici, in fin dei conti la dottrina Meloni implica per l’Italia una posizione trumpiana come quella della Lega, confusa come quella del Pd sul riarmo europeo, e ostile a ogni intervento in Ucraina quanto quella del Movimento Cinque stelle
Almeno adesso c’è una “dottrina Meloni”, chiamiamola così, di cui discutere: le comunicazioni preliminari al Consiglio europeo, sulle quali il Parlamento deve votare, diventano una dichiarazione programmatica della presidente del Consiglio.
Giorgia Meloni risponde, a modo suo, alle questioni cruciali di queste settimane: con l’Europa o con Trump? Con l’Ucraina sempre e comunque o a favore di una tregua anche se prevede un successo della Russia? A favore o contro il riarmo europeo?
Nell’approccio della premier, queste domande non implicano una scelta netta, ma il posizionamento su una scala di convinzioni.
Gli economisti direbbero che Meloni trasforma variabili discrete (di qua o di là) in variabili continue (quanto di qua o quanto di là).
Partiamo dal posizionamento dell’Europa rispetto agli Stati Uniti. La sintesi di Meloni non è ovvia per una leader sovranista, che a parole promette di anteporre l’interesse della nazione a tutto il resto ed è scettica verso la collaborazione multilaterale.
Meloni sostiene che è “ingenuo o folle” che l’Europa possa pensare di fare da sola sulla sicurezza senza gli Stati Uniti. Dunque, è assurdo per l’Italia e per l’Unione europea tutta adottare un approccio di contrapposizione frontale a Donald Trump che, nel caso qualcuno non se ne fosse accorto, ha vinto le elezioni.
Nell’approccio di Meloni, non è chi si allinea con Trump a minare l’integrità europea e occidentale, ma chi vuole allontanarsene troppo che finisce così per fare il gioco di “ben altri attori”. Cioè Russia e Cina.
Dunque l’Ue non deve replicare ai dazi di Trump perché - e su questo tutti gli economisti sono d’accordo - nessuno guadagna dalle misure protezionistiche. E deve farsi scivolare addosso le dichiarazioni del presidente americano, secondo cui l’Unione europea è nata per “fregare” l’America.
L’Italia, o quantomeno Giorgia Meloni, deve sempre e comunque fare da ponte.
Con questa premessa, risulta coerente - ma soltanto se si accetta appunto la premessa - la posizione di Meloni sui negoziati intergovernativi promossi da Gran Bretagna e Francia per gestire la crisi ucraina senza gli Stati Uniti.
Cioè non aderire, distanziarsi, sabotare, visto che quell’asse tra il presidente francese Emmanuel Macron e il premier britannico Keir Starmer si sviluppa proprio sulla premessa che degli Stati Uniti non ci si può fidare, mentre Meloni sostiene che si deve collaborare, sempre e comunque.
Poco volonterosa
Il governo italiano, afferma Meloni mai così esplicita finora, è contrario a ogni invio di truppe italiane in Ucraina, non soltanto in situazione di combattimento in corso, ma anche dopo una tregua, con funzione di peacekeeping. E considera inutile e dannoso anche l’invio di truppe europee, nel senso di altri Stati europei.
In pratica, l’Italia si chiama fuori dalla “coalizione dei volenterosi” di Starmer e Macron, anche se non pare che questo possa schiudere la possibilità di maggiori collaborazioni con gli Stati Uniti trumpiani che ignorano l’Europa nel suo complesso, sia come Unione europea che come singoli Stati.
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