La campagna elettorale al contrario
La scomparsa dei temi europei, il bicchiere mezzo pieno (ma anche mezzo vuoto) di Giorgia Meloni, le omissioni di Elly Schlein e l'ossessione di Conte per il debito
Secondo le rilevazioni Eurobarometro di aprile, il 59 per cento degli italiani ha espresso interesse per le elezioni di giugno, un aumento di otto punti rispetto al 2019. I partiti, però, non hanno cambiato atteggiamento e considerano il voto europeo soltanto come un modo di pesare i loro rapporti di forza domestici
Che strana questa campagna elettorale per le elezioni europee dell’8 e 9 giugno. In Italia si parla pochissimo di Europa, mentre in Europa si parla moltissimo di Italia. Una campagna elettorale al contrario, insomma, per evocare uno dei suoi protagonisti, cioè il generale Roberto Vannacci candidato con la Lega grazie al successo del suo libro Il mondo al contrario.
Il presidente francese Emmanuel Macron vuole impostare la prossima legislatura europea per avere un’Ue all’altezza del contesto geopolitico ed è impegnato in una campagna elettorale tanto europea quanto interna, per arginare la destra di Marine Le Pen e per indicare il prossimo presidente della Commissione europea, cioè un italiano: Mario Draghi.
Se non andasse alla Commissione, quello di Draghi potrebbe essere il nome giusto per il Consiglio europeo, cioè il potente coordinamento tra i capi di Stato e di governo.
Un altro italiano che è tornato centrale è Enrico Letta, ex premier ed ex segretario del Pd, che ha presentato il suo rapporto sul futuro del mercato unico, un manifesto a difesa dei valori classici dell’europeismo che cerca di cambiare il mondo con l’integrazione economica.
Anche Letta, a sorpresa, potrebbe essere un nome per il Consiglio europeo se nella spartizione delle cariche toccasse ai socialisti indicarlo.
Già nel 2014 c’era arrivato vicino, ma all’epoca fu Matteo Renzi a bloccarne la nomina, per una questione di rivalità personali.
Con la nomina di Letta al Consiglio, Meloni potrebbe comunque richiedere un portafoglio di peso alla Commissione, o in campo economico o magari la nuova posizione del commissario alla Difesa.
Il terzo italiano protagonista è Paolo Gentiloni, commissario agli Affari economici e monetari che nelle prossime settimane dovrà aprire la procedura di infrazione contro l’Italia per deficit eccessivo: lui già si prepara a un ritorno nella politica nazionale, ma intanto ha il compito di iniziare ad applicare il nuovo Patto di stabilità e crescita che ha già spaccato il centrodestra italiano di governo. Prima favorevole, poi contrario, poi favorevole, con il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti rassegnato all’incoerenza e all’impossibilità, al momento, di impostare la legge di Bilancio.
Si parla di Italia, a Bruxelles, anche per il destino del Pnrr: l’Unione europea non ha ancora trovato il modo di garantire il debito da 750 miliardi che finanzia il piano Next Generation EU, e quindi i 200 miliardi del Pnrr italiano. Quando i titoli arriveranno a scadenza, nessuno sa bene cosa succederà: dovranno essere rifinanziati, ma a che prezzo e a che condizioni?
Un po’ dipenderà anche dal risultato del Pnrr in Italia, soprattutto per stabilire se e come replicare l’esperimento, ma c’è poco da essere ottimisti.
Anche se Giorgia Meloni è impegnata in una campagna elettorale molto domestica - tra polemiche con le televisioni e con il presidente della Campania Vincenzo De Luca - la premier italiana pensa molto all’Europa, perché sa che dopo il voto dell’8 e 9 giugno quasi tutto dipenderà da lei.
I rapporti di forza tra i grandi partiti - Popolari, Socialisti e Liberali - non dovrebbero cambiare molto, ma oggi Fratelli d’Italia è molto più forte che alle precedenti elezioni europee del 2019, e dunque il gruppo europeo a cui è affiliato, quello dei Conservatori e riformisti, avrà una trentina di seggi in più che saranno decisivi per i nuovi equilibri e forse per una alleanza con Marine Le Pen e il suo gruppo, Identità e democrazia che ha appena espulso gli estremisti di destra di Alternativa per la Germania.
La candidata del Partito popolare europeo alla Commissione è la presidente uscente Ursula von der Leyen, che per lungo tempo ha avuto un rapporto stretto con Giorgia Meloni, soprattutto sulle politiche di gestione dell’immigrazione.
Von der Leyen però si è fatta anche molti nemici sia in patria, in Germania, che nello schieramento conservatore, e dunque non è affatto sicura di ottenere un bis.
Per questo Giorgia Meloni ha evitato di prendere una posizione netta a suo favore, in modo da far pesare al massimo i suoi voti qualunque sia il nuovo assetto post elettorale.
I temi che dovrebbero essere oggetto della campagna elettorale sono del tutto scomparsi: non si parla di green deal e ambiente, anche i partiti che sono stati più compatti nel sostegno all’Ucraina recitan soltanto slogan di “pace”, senza specificare se per raggiungerla serva aumentare o ridurre la spesa militare, la vittoria o la resa dell’Ucraina.
Eppure, grazie anche alle scelte efficaci di questi anni in materia sanitaria ed economica, l’interesse degli italiani per l’Europa è cresciuto.
Secondo le rilevazioni Eurobarometro di aprile, il 59 per cento degli italiani ha espresso interesse per le elezioni di giugno, un aumento di otto punti rispetto al 2019.
Un segnale in controtendenza, rispetto al progressivo distacco dal rito elettorale che si registra a ogni consultazione con un aumento dell’astensionismo.
I partiti, però, non hanno cambiato atteggiamento e considerano il voto europeo soltanto come un modo di pesare i loro rapporti di forza domestici.
Il confronto tra Giorgia Meloni e la segretaria del Pd Elly Schlein non si è consumato in tv, ma si ripete ormai su base quasi quotidiana a distanza, tra eventi e social.
Il bicchiere di Giorgia detta Giorgia
Giorgia Meloni rivendica i risultati economici del suo governo, o meglio, i dati economici relativi al periodo nel quale è stata al potere, attribuendosi i meriti di quelli che paiono migliori.
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