Indifferenti a Gaza
Il governo italiano reagisce con sdegno agli spari in aria dell’esercito israeliano a Jenin durante una visita di diplomatici, ma non per i 14.000 bambini che stanno morendo a Gaza
L’obiettivo è svuotare il più possibile la Striscia di Gaza. Le autorità israeliane hanno più volte chiarito che la liberazione degli ostaggi ancora in mano a Hamas non cambierebbe l’obiettivo finale. Nemmeno l’allontanamento di Hamas, come previsto da un piano proposto dall’Egitto e rifiutato da Netanyahu, cambierebbe molto la situazione
Lorenzo Kamel
Sembra che qualche sparo in aria in Cisgiordania produca reazioni politiche più immediate e vibranti che 50.000 morti a Gaza. I fatti sembrano essere questi: a Jenin, in Cisgiordania, cioè nella parte di Palestina - diciamo così - a Est, quella funestata dagli insediamenti illegali dei coloni israeliani - c’era una visita diplomatica.
Una delegazione di 25 ambasciatori e diplomatici di tutto il mondo, incluso il viceconsole italiano a Gersualemme Alessandro Tutino.
A un certo punto si sentono degli spari, che echeggiano nei video ripresi e postati sui social: sono soldati dell’esercito israeliano che sparano in aria nel campo profughi di Jenin. I diplomatici si spaventano, il ministro degli Esteri Antonio Tajani subito protesta, chiede a Israele di chiarire “immediatamente l’accaduto” perché “le minacce contro i diplomatici sono inaccettabili.
Nel frattempo, lo stesso esercito israeliano colpiva un altro ospedale a nord nella Striscia di Gaza, secondo Hamas ci sono stati 82 morti. Non si registrano su questo commenti di sorta dal governo italiano, anzi, ricordiamo che pochi giorni fa in Parlamento la premier Giorgia Meloni si è limitata a esprimere la sua non condivisione per alcune scelte del premier israeliano Benjamin Netanyahu a Gaza:
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Secondo l’Onu, ci sono 14.000 bambini che rischiano di morire nelle prossime 48 ore. E rischiano di morire di fame, perché Israele blocca l’accesso degli aiuti umanitari da fine marzo. Netanyahu ha concesso a qualche convoglio di accedere nei giorni scorsi, ma è ben poca cosa.
L’Alta rappresentante per la politica estera dell’Unione europea, Kaja Kallas, ha detto che l’Unione europea è pronta a rivedere il trattato economico del 2000 tra Ue e Israele, dando così sostegno a un'iniziativa promossa dal governo olandese per fare pressione su Israele affinché rimuova il blocco agli aiuti che sta uccidendo i palestinesi per fame e sete, dopo averli bombardati per oltre un anno.
E’ una minaccia poco più che simbolica, visto che rivedere un accordo commerciale è un processo lungo, e non è niente di comparabile alle sanzioni che hanno colpito nel giro di pochi giorni Vladimir Putin e molti esponenti del potere russo all’indomani dell’invasione dell’Ucraina nel febbraio 2022.
La Gran Bretagna di Keir Starmer ha annunciato sanzioni contro i coloni illegali in Cisgiordania, ma dentro l’Ue non c’è consenso sufficiente a passare dagli auspici alle azioni concrete per cambiare la traiettoria del massacro di Gaza.
Invece di prorogare la tregua decisa a inizio anno, Netanyahu ha approvato una nuova occupazione della Striscia di Gaza dagli esiti incerti ma sicuramente tragici per i palestinesi. Una operazione che neppure gli Stati Uniti di Donald Trump approvano.
Quello che succederà ai palestinesi nelle prossime settimane, forse anche nelle prossime ore, definirà se non gli equilibri di potere sicuramente gli equilibri morali del Medio Oriente nei prossimi anni.
Anche se lo sterminio di un popolo per fame non indigna quanto gli spari in aria che spaventano i diplomatici.
Le scomode verità su Israele e Gaza
L’analisi di Lorenzo Kamel
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