Incubi climatici
Si è aperto il nuovo vertice internazionale sul clima COP29 con una consapevolezza: così non ce la facciamo e non ci sono le condizioni politiche per fare molto di più. Specie con il ritorno di Trump
Il massimo della frustrazione deriva dal vedere che abbiamo le tecnologie e le possibilità per evitare le peggiori conseguenze della crisi climatica, ma scegliamo di andare incontro agli scenari più catastrofici per non affrontare i costi immediati che una vera svolta comporta
Ricordate quando il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, in uno slancio di empatia, si commosse alle domande di una ragazza che condivideva con lui la sua ecoansia?
Era il 28 luglio 2023, da allora di Pichetto Fratin non abbiamo praticamente più sentito parlare, adesso il ministro riconosce che il problema è serio e c’è una certa urgenza, ma nel frattempo l’ecoansia è venuta un po’ a tutti ed è salita di intensità, anche per gli eventi climatici estremi sempre più frequenti: alluvioni in Emilia-Romagna, bombe d’acqua a Valencia in Spagna, uragani negli Stati Uniti.
Alla vigilia della Cop29 che si è aperta ieri in Azerbajian, cioè della conferenza annuale delle parti promossa dalle Nazioni unite, l’econsia è massima. E non soltanto perché Donald Trump sta per tornare alla Casa Bianca e ha già promesso di ritirare, di nuovo, come nel 2017, gli Stati Uniti dagli impegni previsti dall’accordo di Parigi del 2015 per ridurre le emissioni climalteranti e contenere l’aumento della temperatura.
Obiettivo mancato
L’uscita imminente degli Stati Uniti dall’accordo di Parigi è certo un problema drammatico, ma richiederà almeno i tre anni previsti dall’accordo stesso per diventare effettiva. Nel frattempo, però, avremo tutto il tempo per constatare che gli obiettivi dell’accordo di Parigi sono diventati irraggiungibili, cioè non riusciremo a tenere l’aumento della temperatura entro i 2 gradi - e men che meno entro 1,5 gradi - rispetto all’età pre-industriale.
“Credo che non raggiungeremo l’obiettivo di tenere le temperature ben al di sotto dei 2 gradi, se nella seconda parte del secolo riusciremo a sviluppare su larga scala tecnologie per raccogliere la Co2 che abbiamo già emesso e rimetterla sotto terra, allora potremmo forse tornare anche sotto la soglia di 1,5 gradi, ma questo è ovviamente incerto”, spiega Valentina Bosetti, che insegna Economia ambientale e climatica alla Bocconi, è nel direttivo dell’Institute for European Policymaking della Bocconi e lavora con l’IPCC, il gruppo di esperti che per l’Onu definisce il consenso scientifico in materia di crisi climatica.
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