Il vero obiettivo di Israele
Netanyahu ha sempre detto di voler "distruggere Hamas" in risposta al 7 ottobre. Ma l'attacco a Hezbollah dimostra che la strategia mai dichiarata è eliminare tutti i nemici. A qualsiasi prezzo
Se in un anno di guerra Hamas non è stata sradicata, ancora meno lo sarà Hezbollah. L’idea che eliminando i capi del movimento si possa eliminare il movimento è un’assurdità resa possibile dall’uso indiscriminato che viene fatto della definizione di “terrorismo”
Manlio Graziano
Per un anno, l’esercito israeliano è avanzato come un rullo compressore a Gaza, distruggendo tutto sul suo cammino, senza nessuna strategia apparente. Il governo aveva annunciato un obiettivo – “distruggere Hamas” – ma nessuno poteva seriamente credere che la cosa fosse possibile.
Difatti, un anno più tardi, Hamas non solo non è stato distrutto, ma è stato rafforzato dall’iniziativa israeliana, se non nell’immediato, di certo negli anni a venire.
Il massacro della popolazione palestinese, infatti, non può non alimentare un’ostilità inestinguibile nei confronti di Israele non solo tra coloro che sopravviveranno a Gaza e in Cisgiordania, ma anche tra gli arabi e i musulmani nel mondo – in particolare, ovviamente, tra quelli di origine palestinese.
Le recenti elezioni in Giordania – dove si stima che la popolazione di origine palestinese componga il 40 per cento del totale – hanno visto il successo della branca locale dei Fratelli musulmani, lo stesso movimento transnazionale da cui è nato Hamas. Insomma, per farla breve, Israele ha oggi molti più nemici e molto più agguerriti di quanti ne avesse prima dell’orrendo pogrom del 7 ottobre.
Se la “strategia” fosse davvero stata la “distruzione di Hamas”, allora bisognerebbe dire che è fallita: per quel che si sa, i combattenti del movimento islamista continuano a dare del filo da torcere a Tsahal nonostante le distruzioni, i morti, la decapitazione della sua leadership, e nonostante un’inferiorità di risorsi e mezzi flagrante e in continuo assottigliamento.
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