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Un altro caso Almasri?
Appunti di Geopolitica

Un altro caso Almasri?

Il caso Almasri non è mai finito e adesso si scopre che un altro capo delle milizie libiche va e viene dall’Italia senza problemi: la narrazione del governo Meloni sui migranti non regge più

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Stefano Feltri
mar 22, 2025
∙ A pagamento
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Un altro caso Almasri?
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La foto pubblicata su X da Husam El Gomati, Abdel Ghani al-Kikl è il numero 4

Al-Kikli è stato spesso citato nei rapporti delle Nazioni Unite per una serie di violazioni dei diritti umani e altro, però va detto che al momento non è chiaro se ci sia un mandato d'arresto formale della Corte Penale internazionale per lui.

Dario Cristiani

Oggi pomeriggio ci vediamo a Libri Come per una puntata dal vivo speciale di Revolution: alle 18 all’auditorium Parco della Musica, a Roma, vi aspetto!

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Il governo Meloni dovrebbe aggiornare la sua narrazione sui migranti, il piano Mattei, il Nord Africa e la lotta agli scafisti. Ormai è chiaro che non può più sostenere la linea comunicativa tenuta in questi due anni, cioè che con la destra al potere prevale la più ferma intransigenza.

Si moltiplicano le conferme che in realtà la linea non è cambiata da quella tradizionale, resa più esplicita e perfino teorizzata ai tempi del governo Gentiloni con Marco Minniti ministro dell’Interno: con chi controlla le partenze dei migranti dalla Libia si tratta sempre e comunque, anche se si tratta di delinquenti, di torturatori, di criminali di guerra.

Si tratta anche se significa diventare complici di chi gestisce il traffico di esseri umani con profitti milionari.

Ricordate il caso del torturatore libico Osama Alamasri? Il 19 gennaio il governo Meloni lo aveva riportato in Libia con un volo di Stato per sottrarlo alla Corte penale internazionale che lo voleva arrestare.

La polizia italiana lo aveva fermato, ma il governo Meloni - nello specifico il ministro della Giustizia Carlo Nordio - si era rifiutato di confermare l’arresto.

Nordio aveva poi spiegato in Parlamento che il mandato d’arresto della Corte penale era scritto male e non c’erano le basi per trattenerlo, dunque lo aveva fatto scarcerare dalla Corte d’appello di Roma competente.

A quel punto, il ministro degli Interni Matteo Piantedosi aveva disposto l’espulsione e il volo verso la Libia, perché comunque il soggetto era pericoloso.

Adesso però il governo Meloni non sembra più tanto sicuro di poter sostenere la linea che in Parlamento Nordio e Piantedosi avevano affermato con tanta sicumera, cioè che non si fosse trattato d'una decisione politica per proteggere gli interessi italiani in Libia ma di una scelta quasi tecnica prodotta dal dilettantismo della Corte penale internazionale.

In questi giorni il governo non ha rispettato la scadenza del 17 marzo per mandare alla Corte penale le proprie giustificazioni per aver ignorato quel mandato d’arresto che invece è vincolante.

Ora il governo Meloni chiede tempo per rispondere alla Corte che ha aperto una indagine sull’Italia, con la singolare motivazione che la risposta rischia di interferire con l’indagine penale avviata dalla Procura di Roma e ora seguita dal Tribunale dei ministri che vede coinvolti proprio Nordio e Piantedosi, oltre che il sottosegretario Alfredo Mantovano e la stessa Giorgia Meloni.

A complicare la posizione dell’esecutivo, sia nei confronti della Corte penale che del Tribunale dei ministri che dell’opinione pubblica, c’è il fatto che il caso Almasri non è isolato.

Sappiamo ora che anche un altro personaggio analogo ad Almasri è arrivato in Italia e tornato in Libia senza problemi.

Il nuovo caso

Abdel Ghani al-Kikli

L’attivista libico Husam El Gomati ha pubblicato sui social una foto che sarebbe stata scattata in un ospedale romano dove si vedono una serie di esponenti di primo piano dell’establishment libico in visita al ministro Adel Juuma, ricoverato dopo essere sopravvissuto a un attentato il 12 febbraio scorso.

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