Il problema dei seminari
Come emerge della terza puntata del podcast La Confessione, c'è qualcosa che non va nel modo in cui i giovani preti vengono selezionati e formati. E la Chiesa deve prenderne atto
Per abbandonare una cultura organizzativa che ha generato l’indifferenza dinanzi al dolore delle vittime del clero la chiesa deve intraprendere una riflessione profonda sul ministero sacerdotale
Marco Marzano
Buongiorno a tutte e tutti,
il podcast La Confessione resta stabile nelle prime posizioni della classifica di Spotify e questo è un risultato che non ci aspettavamo, ma che dimostra una cosa: anche in Italia, come in altri paesi, c’è una domanda di verità e trasparenza sulla questione degli abusi commessi da religiosi e coperti dall’istituzione.
Una delle cose che speriamo sia ben chiara dal podcast è che non si tratta di pochi casi isolati, delle famose mele marce. Quelle ci sono dappertutto, il problema è come vengono gestite, come la Chiesa reagisce e agisce in fase preventiva.
Come avete sentito nella seconda puntata, l’indagine interna alla Chiesa sul caso di don Giuseppe Rugolo stabilisce che non è punibile perché gli abusi denunciati dal giovane Antonio Messina sono avvenuti quando Rugolo era soltanto seminarista e non prete (Antonio Messina dà un’altra versione).
Dopo una riforma del 2019 oggi forse sarebbero comunque punibili dal Vaticano. Ma la vera questione di fondo riguarda proprio il seminario: come vengono formati i preti? Quale tipo di leadership - si direbbe nel mondo aziendale - viene insegnata loro? E se la questione del rapporto con la sessualità è così problematica, come viene gestita?
Il sociologo Marco Marzano ha studiato questi temi per anni, con inchieste sul campo, e ha pubblicato i suoi risultati nei giornali nei quali ho lavorato e in una serie di libri importanti, qui ricordiamo soprattutto La casta dei casti (Bompiani).
Lo abbiamo interpellato nel podcast per aiutarci a capire come inquadrare la vicenda Rugolo. Dopo aver ascoltato la terza puntata del podcast - L’uomo e il prete - Marzano ha scritto il pezzo che trovate qui sotto.
Buona giornata,
Stefano
Il problema dei seminari
di Marco Marzano
La vicenda di Antonio Messina e di don Giuseppe Rugolo ricostruita nel podcast La Confessione, e in particolare nella terza puntata L’uomo e il prete, ci fa capire quanto la Chiesa italiana e i vertici vaticani siano ancora molto lontani dall’aver seriamente avviato un cambio di paradigma sul terreno degli abusi commessi dai membri del clero.
Il vescovo di piazza Armerina Rosario Gisana, infatti, dopo aver saputo delle azioni esecrabili commesse da Rugolo ai danni di Antonio Messina, ha cercato di proteggere il prete e di impedire l’esplosione di uno scandalo.
I molti proclami su una presunta svolta ecclesiale nel trattamento degli abusatori clericali si sono rivelati, almeno in questo caso, meri annunci privi di conseguenze pratiche. Persino il papa si è complimentato - in termini generici - con il vescovo di piazza Armerina dopo che erano già emerse le sue responsabilità nella vicenda di don Rugolo.
Come spiegare questa enorme difficoltà della Chiesa Cattolica nel fare i conti con la questione degli abusi clericali?
Per rispondere a questa domanda bisogna comprendere la natura del legame che vincola i preti alla loro Chiesa. Tale vincolo è di natura del tutto eccezionale, e forse unica.
La selezione
I candidati al sacerdozio vengono infatti individuati con attenzione all’interno delle parrocchie e dei movimenti, sollecitati ad entrare in seminario e poi seguiti passo passo per sei lunghi anni durante i quali costoro sono rinchiusi in un luogo che non possono mai abbandonare senza un’autorizzazione dei superiori.
In questo lungo periodo ciascuno di costoro viene esaminato con cura da un’equipe di rettori, vicerettori, padri spirituali, formatori vari, psicologi, eccetera.
Ogni aspetto della loro personalità e del loro carattere viene attentamente portato alla luce, vagliato, soppesato alla luce dell’impegnativo ruolo che li attende.
Sul capo di ciascun seminarista pende la spada di Damocle dell’espulsione, ovvero di un allontanamento definitivo dal seminario contro il quale gli aspiranti preti non hanno alcuna possibilità di appello.
Con il calo delle vocazioni l’attenzione si è fatta ancora più scrupolosa, dato che le persone da osservare sono sempre meno e gli strumenti di valutazione sempre di più.
L’istituzione dunque dedica un tempo e uno sforzo organizzativo enormi alla formazione del suo personale.
I seminaristi sono un “patrimonio” collettivo delle diocesi, un tesoro custodito e protetto, una classe, o una casta se si preferisce, di individui indispensabili alla prosecuzione della vita della chiesa che non può esistere, che è addirittura impensabile, senza di loro.
E’ anche per questo che l’istituzione tende a proteggere il prete che ha commesso un abuso: tutelando costui tutela se stessa, non solo evitando che il “patrimonio umano” così faticosamente formato venga dilapidato agli occhi dell’opinione pubblica e reso praticamente inservibile per la missione organizzativa e pastorale, ma anche perché lo scandalo che segue la scoperta di abuso rivela che l’organizzazione ha fallito, che il processo di reclutamento e selezione aveva delle falle mostruose, che i dirigenti dei seminari pur avendo avuto sei anni di tempo per osservare ogni piega della vita di un soggetto hanno prodotto un giudizio sbagliato, che non hanno colto quello che avrebbero dovuto cogliere, che non si sono accorti del pericolo grave di mandare un potenziale abusatore tra i giovani di un oratorio.
Dato che quella peculiare organizzazione che è la chiesa sostiene di operare per conto di Dio, questo può indurre il popolo a pensare che essa stessa non goda più della benevolenza divina, che la sequenza di fallimenti ai quali essa è andata incontro nella selezione dei suoi funzionari riveli che la pretesa di rappresentare la divinità su questa terra è perlomeno esagerata e che essa non si distingue per qualità dalle altre organizzazioni totalmente umane, anzi forse che funziona anche peggio di tante di queste ultime.
Il processo di formazione
Coloro che hanno sentito la prima puntata del podcast - La strada per la santità - ricorderanno l’ossessione dei funzionari del clero per un dettaglio ai loro occhi importantissimo: costoro volevano sapere se, quando aveva commesso le sue azioni nei confronti del giovane Antonio Messina, Rugolo fosse o meno sacerdote, se fosse già stato ordinato.
Quella richiesta, al di là dei suoi aspetti giuridici e canonistici sui quali non voglio esprimermi, aveva come obiettivo il verificare se il sacramento dell’ordinazione avesse o meno prodotto degli effetti, se esso avesse modificato la natura dello stesso Rugolo, inducendolo a desistere dal compiere i crimini di cui si era reso autore in precedenza.
Se così non fosse stato, se Rugolo si fosse comportato nello stesso modo prima e dopo l’ordinazione, saremmo di fronte all’evidente collasso dell’intero processo di costruzione dell’autorità sacerdotale cattolica che finirebbe per essere totalmente delegittimata e sorpresa a produrre non il bene, ma il male, non la redenzione ma l’abiezione.
Il seminario si trasformerebbe da luogo di costruzione di uomini sacri a fucina di drammi personali, psichici e comportamentali.
Se la Chiesa non cambia le regole del sacerdozio sarà difficile evitare che, come ha suggerito acutamente il teologo don Roberto Maier nel suo intervento durante l’incontro tra gli autori del podcast e alcuni intellettuali cattolici, in ogni prete si annidi un potenziale abusatore.
E’ per questi motivi che l’impatto sulla chiesa della scoperta di un prete abusatore non è paragonabile a quello su una scuola di un maestro abusatore o su una palestra di un istruttore abusatore.
Il preside della scuola dove si verifica una violenza sessuale sui bambini non ha formato quell’insegnante, non l’ha incoraggiato a scegliere la professione del maestro, non ha vissuto con lui ogni giorno per sei anni e non gli ha impartito un sacramento con il quale lo ha elevato a uno status superiore a quello degli altri esseri umani.
La disponibilità a denunciarlo sarà di conseguenza infinitamente superiore, gli scrupoli a farlo quasi nulli.
Rinunciare a tutto
Si aggiunga poi che nei lunghi anni di prossimità si sono costruiti nei seminari e in generale nelle diocesi rapporti umani e affettivi profondi e che al prete è stato chiesto, in cambio del conferimento del ruolo sacerdotale, di rinunciare a tutto: alla famiglia, ai figli, e, almeno in pubblico, a una vita affettiva.
Questo sacrificio così grande richiede una ricompensa, un premio che la Chiesa ha tradizionalmente individuato nella protezione dai guai, in una sorta di passaporto per l’impunità, in un’esenzione dalle consuete difficoltà alle quali vanno incontro le persone che commettono azioni poco emendabili.
Per abbandonare una cultura organizzativa che ha generato l’indifferenza dinanzi al dolore delle vittime del clero la chiesa deve intraprendere una riflessione profonda sul ministero sacerdotale, quella che papa Francesco tante volte ha evocato come necessaria senza far mai seguire le parole ai fatti.
Pannicelli caldi come quelli proposti dalla Cei per affrontare la questione sono ridicoli e probabilmente controproducenti, una pezza per coprire una voragine destinata ad allargarsi.
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Il Podcast: La Confessione
Ascolta La Confessione, il podcast di inchiesta che rivela per la prima volta da dentro come funziona il sistema di copertura e insabbiamento degli abusi sessuali nella Chiesa cattolica italiana. Un podcast realizzato da Stefano Feltri, Giorgio Meletti e Federica Tourn, realizzato grazie al sostegno della comunità di Appunti. Con la collaborazione di Carmelo Rosa e la consulenza per musiche ed effetti di Stefano Tumiati.
Gli eventi di Appunti
Torino, 3 aprile
Mercoledì 3 aprile alle 21, con Federica Tourn Antonio Messina e Francesco Zanardi, presentiamo il podcast La confessione a Torino.
Presso Libreria Trebisonda, Via Sant'Anselmo 22, a Torino.
Milano, 4 aprile
Per chi c’è, ci vediamo a Milano giovedì 4 aprile al secondo evento di un ciclo di incontri che organizziamo con l’Institute for European Policymaking della Bocconi con Il Grand Continent ed Egea, per parlare delle questioni più urgenti di geopolitica da una prospettiva europea.
Un’occasione per incontrare anche la comunità di Appunti! Dopo l’evento si continua a chiacchierare all’aperitivo… Il primo evento è andato benissimo, quindi vi consiglio di registrarvi qui per non perdere l’occasione di discutere con noi delle cose più rilevanti: LINK
L’evento del 4 aprile sarà in inglese e dedicato al tema della disinformazione:
Speakers
STEFANO DA EMPOLI i-Com
BILL EMMOTT, già direttore The Economist
GLORIA ORIGGI Institut Nicod, Ecole Normale Supérieure
MATTEO PUGLIESE University of Barcelona
GAIA RUBERA Bocconi University
Moderatore
STEFANO FELTRI
Chiaro, preciso, difficilmente confutabile. Condivido appieno, grazie.
Credo che l'analisi che lei compie da un punto di vista oggettivo sia molto precisa, puntuale, condivisibile. Ma ritengo che forse bisognerebbe scendere da un certo punto di vista più in profondità, e toccare l'"intangibile"