Il lavoro dei due Franco
Franco lo Stagnaro lavorava sempre. Al confronto Franco il Fontaniere, dipendente comunale, era quasi un aristocratico. Il Primo Maggio é fatto di storie così
Oggi il lavoro sempre di più si misura esclusivamente come elemento di costo e non come fattore della produzione con connotati qualitativi che definiscono l’essenza stessa del prodotto.
Fabrizio Tesseri
Mio padre, nato nel 1929 il giorno dopo di me, anni dopo, andò in pensione il Primo Maggio del 1992. 62 anni d’età di cui circa 50 passati a lavorare.
In famiglia erano troppi, la scuola durò fino alla quinta elementare, poi i lavori.
Ricordo quelli più presenti nei racconti: l'operaio ragazzino in un deposito di birra e ghiaccio, poi il muratore, lavoro che lo portò per qualche mese in una baracca in Germania, mentre qui nasceva mia sorella.
Poi il netturbino, anzi, lo scopino, come li chiamiamo ancora oggi, qui.
All'inizio di rimpiazzo, con gli amici che prendevano un giorno di malattia ogni tanto per farsi sostituire, poi l'assunzione in Comune... il posto fisso, quello della scopa di saggina che per anni è rimasta in un angolo dietro casa mia.
Da scopino ad autista di Scuolabus, quelli gialli, e il mio privilegio, a fine giro, di sedere davanti, tra lui e la vigilante,sull'alloggiamento del motore. Poi la terza media alle scuole serali.
Poi autista/usciere, centralinista, per un po' custode del cimitero, per antipatia di un assessore pro-tempore, poi ha imparato la macchina da scrivere elettronica e i primi computer, per un concorso interno che lo ha fatto diventare impiegato dell'anagrafe, dell'ufficio elettorale, dello stato civile.
Io intanto studiavo e a ogni passaggio, a ogni scelta, c’era sempre qualcuno che arrivava con il consiglio "saggio": sì ma meglio qualcosa che gli assicuri un lavoro.
Non so se si riferissero al lavoro che faccio oggi, da qualche anno. Credo avessero in mente qualcos'altro, a dire il vero. Qualcosa più simile ai lavori che conoscevano per pratica o consuetudine.
A proposito di lavoro e lavori.
Qui c’erano due Franco. Cioè, ce n’erano e ce ne sono tanti, ma ce n’erano due, in particolare.
Probabilmente, oggi li ricordano in pochi, ma mi sono tornati in mente perché hanno molto a che fare con il Primo Maggio, con il lavoro che era e che è diventato e, forse, con quello che sarà.
Qui c’erano Franco lo Stagnaro e Franco il Fontaniere. Avevano un cognome, ma loro erano quello che facevano.
In inglese, lingua poco adatta alle circonvoluzioni, per dire che lavoro si fa si dice “I am …”. “Sono lo Stagnaro”, non “Faccio l’Idraulico”.
In questa sottigliezza c’è tutta l’importanza del lavoro nella costruzione e definizione di una persona.
Allo stesso tempo, credo, c’è tutta la necessità moderna di superare la definizione di sé attraverso il lavoro.
Il lavoro che da mezzo per l’emancipazione forse, almeno in questa parte di mondo, deve diventare qualcosa da cui emanciparsi.
Ma qui si aprono riflessioni che la fisica quantistica in confronto è un romanzo Harmony.
Comunque, da ragazzino facevo fatica a capire la differenza tra i due Franco, ma allo stesso tempo quella netta distinzione mi affascinava e, piano piano, insieme alla comprensione, iniziava a definirsi in senso economico e sociale l'esistenza dei due Franco.
In fondo, facevano lo stesso lavoro. Quasi.
Erano idraulici. Solo che lo Stagnaro, sempre con la tuta da lavoro anche la domenica, faceva gli impianti nelle case, li aggiustava, correva (si fa per dire, perché era di una lentezza estenuante) se c’era un guasto che allagava il bagno o la cucina e ce l’aveva a morte con la plastica.
Sì, perché lui le curve a gomito dei tubi di ferro o piombo le faceva a misura, sul posto, e tutta quella plastica e pezzi preformati significava che chiunque avrebbe potuto imparare facilmente il mestiere e metterci un giorno a fare quello che lui faceva in una settimana.
Quella settimana però era piena di racconti, di caffè e qualche bestemmia, a dire il vero.
Il Fontaniere, invece, faceva l’idraulico per il Comune. Quando il servizio idrico, l’acqua, era ancora del Comune. Ma questa pure è un’altra storia che si dovrebbe raccontare.
Franco il Fontaniere, in confronto allo Stagnaro, era quasi aristocratico, lavorativamente parlando. Lui aggiustava i nasoni, le condotte che a volte trasformavano una strada in un torrente, lui era quello che portava l’acqua dove costruivano case.
Poi certo, il fine settimana magari, qualche lavoretto lo faceva comunque, ma restava quello che arrivava con la macchina del Comune e lo stipendio a fine mese era sempre lo stesso e non dipendeva dai cessi aggiustati.
Ecco, quella netta distinzione per un lavoro molto simile mi ha insegnato il senso della specializzazione e della divisione del lavoro.
Per lo Stagnaro ogni bagno della città era una creazione unica, il Fontaniere, invece, della città conosceva il sistema circolatorio, dalle arterie ai più piccoli capillari.
Oggi, al modello fordista si è sostituito un modello Amazon: forza lavoro sostanzialmente indistinta, una variabile nell’algoritmo.
Anche nei supermercati ormai capita di vedere la stessa persona fare cassa e in un altro momento sistemare gli scaffali o fare il banconista.
Oggi il lavoro sempre di più si misura esclusivamente come elemento di costo e non come fattore della produzione con connotati qualitativi che definiscono l’essenza stessa del prodotto.
Generalizzo, ovviamente. Taglio con l’accetta. Ma queste sono solo poche riflessioni senza peso nel giorno della Festa dei Lavoratori e fuori piove, come capita sempre più spesso il Primo Maggio.
Perché oltre al cambiamento climatico è cambiato anche il lavoro e così anche il giorno di festa, spesso, invece di un po’ di sole toccano gli ombrelli e le facce cupe.
Perché c’è poco da festeggiare quando ai morti di Portella della Ginestra segue ogni anno un rosario infinito di morti per il lavoro.
Ah, anche mia sorella ha studiato mentre lavorava già e da qualche anno è in pensione e ancora la chiamano Professoressa.
Mio fratello, il più grande, è andato un bel po’ avanti nonostante con lo studio si sia fermato al diploma.
Eravamo tre, io piccolo, e lo stipendio di papà bastava solo grazie alla schiena piegata di mia madre oggi.
Mio fratello da oggi è in pensione anche lui, dopo i tubi dell’irrigazione dei campi spostati a spalla d’estate, prima della vendemmia, prima dell’inizio della scuola. Si godrà il golf e i figli in giro per il Mondo.
Ecco, se ha un senso la Festa dei Lavoratori forse è in questi piccoli, personalissimi particolari, che magari raccontano di quella parola ormai dimenticata da troppi: Emancipazione, dal bisogno e dalla paura.
Buon Primo Maggio a tutti i lavoratori.
Appunti è possibile grazie al sostegno delle abbonate e degli abbonati.
E’ con il vostro contributo che Appunti può crescere e svilupparsi anche con progetti ambiziosi come La Confessione.
Se pensi che quello che facciamo è importante, regala un abbonamento a qualcuno a cui tieni.
Che piacere!
Grazie