Il governo (e la stampa) della censura
Gli editori di giornali chiedono milioni di euro per difendere il pluralismo informativo. E li chiedono a un governo che censura il dissenso: il metodo Valditara, da Christian Raimo a Nicola Lagioia
I pochi lettori che ancora comprano giornali finiscono per legittimare questo sistema. Ha ragione Christian Raimo quando osserva che il punto non è dare solidarietà a questo o quell’intellettuale ma trovare il modo di garantire una discussione pubblica sulle cose - sulla sanità, la scuola, il lavoro - libera dal silenziatore imposto dall’intreccio tra stampa e politica.
Siamo davvero uno strano Paese: da un lato ci sono i ministri in carica del governo che continuano a querelare chiunque esprima un'opinione sgradita, non soltanto giornalisti, ma scrittori, intellettuali.
Dall’altro ci sono gli editori - di solito grandi imprenditori legati alla politica - che chiedono a quello stesso governo decine di milioni di euro con la scusa di garantire il “pluralismo” dell’informazione.
L’idea che sia il governo che querela gli opinionisti sgraditi a garantire il pluralismo pagando editori che con quel governo hanno rapporti già fin troppo stretti evidentemente sembra assurda soltanto a me.
Vediamo i due aspetti di questo problema che soffoca l’informazione in Italia e la rende ostaggio della politica. Partiamo dalle querele.
L’ultima che ha fatto rumore è quella del ministro dell’Istruzione e del merito Giuseppe Valditara allo scrittore Nicola Lagioia che, ospite di un programma televisivo di Serena Bortone, Che sarà, all’epoca in onda su Rai3:
“Molti bambini stranieri probabilmente dimostrerebbero di padroneggiare l’italiano meglio del ministro Valditara che scrisse un tweet totalmente sgrammaticato di cui anche lui si scusò. Se facessimo un test di italiano molti di questi studenti lo passerebbero e il ministro lo fallirebbe”
I veri rischi delle querele
Ci sono alcune cose da notare su questa querela. Primo: è particolarmente pericoloso querelare gli ospiti di un programma, così come gli intervistati. Mentre i giornalisti sono responsabili in solido con il direttore e l’editore, chi esprime opinioni non lo è.
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