Il governo è complice dei trafficanti
La spiegazione dell’inspiegabile rimpatrio in Libia del torturatore Almasri inseguito dalla Corte penale internazionale non regge
E questo è il governo che voleva inseguire i trafficanti in tutto l’orbe terracqueo? Forse Giorgia Meloni è stata fraintesa, forse intendeva dire che vuole cercarli ovunque siano per chiedere loro di cosa hanno bisogno, per assecondare le loro richieste, e cedere ai loro ricatti
Giorgia Meloni diceva che il suo governo avrebbe cercato i trafficanti di migranti “in tutto l’orbe terracqueo”, invece li riporta a casa con un volo privato dopo che sono stati allo stadio a vedere la partita e sono stati liberati per scelta politica del governo stesso.
Qualcuno si deve dimettere per oggettiva complicità con i trafficanti di uomini che infestano la Libia e che sono responsabili della morte di migliaia di persone nel Mediterraneo e delle torture di decine di migliaia nelle carceri libiche.
O si dimette il ministro della Giustizia Carlo Nordio per dilettantismo, o si dimette la presidente del Consiglio Giorgia Meloni per aver preso una scelta politica indifendibile. O si dimette il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi che ha fatto una cosa poco comprensibile.
La sequenza dei fatti
La storia ormai l'avete sentita: il 18 gennaio la Corte penale internazionale, quella che processa gli individui e non gli Stati, emette un mandato di arresto per Osama Elmasry Njeem, più conosciuto come Osama Almasri Njeem.
L’accusa è di crimini di guerra, oltraggi alla dignità individuale, stupro e tortura, violenze di ogni genere commesse in Libia dal febbraio 2015 in poi nella prigione di Mitiga della quale Almasri era responsabile.
Non si tratta di una responsabilità oggettiva, che deriva dal ruolo di gestore del carcere, ma di una responsabilità personale, specifica la Corte, e per questo la Corte penale internazionale chiede all’Interpol di emettere una Red Notice, una richiesta di arresto in tutti i Paesi che riconoscono la giurisdizione della Corte. L’Italia è tra questi, e deve obbedire.
Almasri viene individuato in Italia nelle prime ore di domenica 19 gennaio, a Torino, e viene arrestato. Apriamo una parentesi: sarebbe anche interessante capire come ci è arrivato a Torino, come è possibile che un torturatore libico giri indisturbato per il Paese e vada allo stadio - si immagina con un biglietto nominale - a vedere la partita della Juventus, squadra cara a molti libici dai tempi in cui il dittatore Muammar Gheddafi era azionista della Fiat.
Comunque, le cose si complicano subito, stando al comunicato della Corte penale che ricostruisce gli eventi: “su richiesta delle autorità italiane e rispettandone il ruolo, la Corte evita di commentare pubblicamente l’arresto”, si legge sul sito dell’organismo basato all’Aja. E già questo è strano: perché l’Italia, cioè il governo Meloni, chiede il silenzio?
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