Il futuro dell'Europa è in Georgia
Continuano a Tbilisi le proteste per mantenere il legame con l'Ue mentre il governo filo-russo spinge il Paese verso Putin. Ormai tutti devono scegliere da che parte stare: con le democrazie o contro
Dalla Corea del Sud alla Georgia, dalla Romania alla Moldova: la democrazia liberale non si può più dare per scontata. L’unica scelta che noi abbiamo, come europei, come occidentali è se assistere al suo declino in modo passivo o provare a contrastarlo
Chi osserva con sgomento e timore gli sviluppi della guerra in Ucraina può trovare un qualche conforto nei messaggi dei cosiddetti pacifisti che sono disposti a qualunque compromesso pur di far cessare le ostilità.
In fondo, vale la pena far morire migliaia di ucraini e di russi, e spendere miliardi e miliardi di dollari e di euro per difendere la regione del Donbass?
Non basterebbe lasciarla alla Russia, se proprio ci tiene? E, se proprio dovesse essere questo il prezzo della pace, non varrebbe la pena di abbandonare al suo destino anche Kiev e Volodomyr Zelensky?
Questo rassegnato cinismo di tanti “pacifisti”, loro si definiscono così, si scontra con un dato di fatto sempre più evidente.
La guerra in Ucraina non è un problema specifico, risolvibile con una soluzione locale, con un negoziato, ma è un tassello di qualcosa di più ampio, di una ridefinizione dei rapporti tra l’Occidente e gli altri, in particolare con l’asse autoritario che va dalla Russia alla Cina alla Corea del Nord a Damasco, in Siria, dove la guerra civile si è risvegliata in questi giorni proprio come prosecuzione di un conflitto più ampio.
Anche la Corea del Sud ormai è parte di questa guerra mondiale a pezzi, con il presidente Yoon Suk-yeol che ha dichiarato la legge marziale di emergenza con una sospensione - subito sconfessata dal Parlamento - delle libertà democratiche in risposta alla minaccia della Corea del Nord, la dittatura di Kim Yeung-Un che ha mandato armi e migliaia di soldati a combattere in Ucraina a fianco degli invasori russi.
La guerra, come scriveva il generale prussiano Carl von Clausewitz nel 1832, “non è solamente un atto politico, ma uno strumento della politica, un seguito del procedimento politico, una continuazione con altri mezzi”.
Dunque, di quale politica è la continuazione la guerra in Ucraina? Del tentativo della Russia di sottrarre all’Occidente, alla Nato ma anche e soprattutto all’Unione europea, le sue aree di influenza.
Nessuna neutralità è possibile per noi, per noi occidentali, noi europei: dobbiamo decidere se contrastare questo risucchio nel gorgo dell’autoritarismo putniano di interi Paesi, sapendo che mette a rischio i nostri interessi e la nostra sicurezza, o se dobbiamo contrastarlo tenendo quei Paesi ben agganciati a una traiettoria di inserimento nel nostro mondo, nelle nostre economie, nel nostro ombrello di sicurezza militare, anche nucleare.
Il fronte georgiano
La Georgia è oggi il terreno di scontro, ma questo momento della scelta decisiva, tra Europa e Russia, tra democrazia e autocrazia, si sta ponendo per quasi tutti i Paesi della regione, dalla Moldova alla Romania, che già è membro dell’Ue da vent’anni.
E allora vediamo il caso della Georgia e perché un piccolo Paese da 3,7 milioni di abitanti è diventato il nucleo incandescente dello scontro tra Russia e Occidente.
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