Il femminicidio è una questione di famiglia
Le ultime due tragedie, quella di Sara Campanella e Ilaria Sula, ci costringono a ragionare sul ruolo dei genitori. Perché le madri dei due assassini li hanno protetti?
Una sera a tavola mio padre mi ha detto, ridendo e non so fino a che punto, che se ammazzassi qualcuno mi aiuterebbe a nascondere il cadavere e troverebbe un modo per farmi scappare all'estero, questo anche se dovessi uccidere mia madre o mia sorella. E lui è un tranquillissimo medico, responsabile, metodico, finnoioso, non proprio un camorrista, ecco
Guido Giuliano
Ci sono alcune storie di cronaca che ci costringono a qualche riflessione supplementare e non scivolano via come le altre, perché ci mettono di fronte a domande che non hanno una risposta semplice.
Gli ultimi due femminicidi che occupano giornali e social sono terribili come quelli che li hanno preceduti, e come quelli che purtroppo seguiranno, ma con una specificità: c’è un ruolo dei genitori, in particolare delle mamme.
La madre di Stefano Argentino, a Messina, lo ha accudito e supportato dopo che lui aveva ucciso una ragazza che conosceva appena, Sara Campanella, della quale si era invaghito senza essere corrisposto. Non lo ha denunciato, ha detto che temeva si potesse togliere la vita. Lo ha portato nel bed and breakfast gestito dalla famiglia.
La vicenda di Ilaria Sula, a Roma, è ancora più disturbante, per quanto riguarda il ruolo della famiglia dell’assassino. Sappiamo che Mark Samson ha massacrato a coltellate la fidanzata che lo stava lasciando, a suo dire per un raptus di gelosia.
Tutto quello che è venuto dopo la violenza, però, pare uno sforzo lucido di occultare il cadavere, di nascondere le tracce. Fin da subito è sembrato poco plausibile che Samson uccidesse la povera Ilaria Sula, la infilasse in una valigia e la gettasse in un dirupo senza che i genitori che erano con lui in casa si accorgessero di qualcosa: la famiglia vive in un appartamento di 50 metri quadri, non in una reggia.
La madre di Mark Samson, ora indagata, ha ammesso di aver aiutato il figlio a pulire il sangue e a portare via il cadavere.
Di fronte ai femminicidi, il tentativo di capire le cause e di suggerire soluzioni si concentra sugli assassini: le vittime sono, per definizione, incolpevoli, e in questo caso non avrebbero potuto fare proprio nulla per evitare il loro destino.
Sara Campanella non frequentava Stefano Argentino, sappiamo dai suoi messaggi vocali condivisi con le amiche che gli aveva detto in ogni modo di starle lontano, e Ilaria Sula - per quanto ne sappiamo, non si sentiva minacciata dall’ormai ex fidanzato.
Ma le famiglie, in particolare le madri di questi giovani uomini, potevano fare qualcosa e non l’hanno fatto?
Sull’educazione e la prevenzione ciascuno può avere la sua opinione, che quasi sempre è inevitabilmente superficiale e si basa su qualche immagine televisiva, qualche dettaglio appreso dai giornali.
Filippo Turetta, l’assassino di Giulia Cecchettin, aveva dato qualche indizio in casa della spirale di ossessione e violenza nel quale ogni empatia era svanita? Nessuno in casa si era accorto della quantità di messaggi che mandava alla ex fidanzata e delle attenzioni morbose che sviluppava?
Io non ho la pretesa di avere alcuna risposta definitiva, ma queste tragedie interrogano tutti, soprattutto i genitori. Chi è padre o madre di una bambina o di una ragazza si chiede come fare a proteggerla, se c’è una sequenza di azioni corrette da praticare, o dei consigli fondamentali da dare.
E chi è padre o madre di un ragazzo finisce per interrogarsi sulle proprie responsabilità: come si evita di crescere un assassino? E se si scopre che, nonostante tutti gli sforzi, il proprio figlio può fare o ha fatto qualcosa di terribile, noi come reagiremmo?
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