Il costo politico che paghiamo sul debito
Oggi un webinar per spiegare come misurare quando il debito pubblico italiano costa "troppo". Con il professor Carlo Favero e Maria Cannata, per vent'anni responsabile del debito italiano al Tesoro
Per partecipare sl webinar dovete registrarvi, c’è questo link
Nel luglio del 2022 la Bce di Christine Lagarde ha annunciato uno strumento a difesa della tenuta dell’eurozona che si chiama Transmission Protection Instrument: in alcuni casi la banca centrale può intervenire per comprare titoli di Stato quando il loro prezzo sul mercato è eccessivo, cioè quando il paese che li ha emessi si trova ad affrontare tassi di interesse esagerati rispetto ai suoi fondamentali.
Il problema è che la Bce non ha mai specificato quando è che il tasso è esagerato, cioè a quali condizioni interverrà. Vi pare una questione puramente teorica? Un esperimento mentale?
Il rischio politico
Il punto è che a livello di eurozona tutte le regole sugli interventi straordinari, così come tutte le discussioni sui vincoli di bilancio, hanno sempre un paese di riferimento, e praticamente uno soltanto: l’Italia con il suo 140 per cento di debito rispetto al Pil.
Un gruppo di economisti della Bocconi - Massimo Amato, Carlo Favero e Dev Srivastava - hanno elaborato uno strumento (interattivo) per calcolare quando il costo del debito di un paese è eccessivo rispetto ai fondamentali della sua economia e al contesto macroeconomico.
Perché parlarne ora? Per due ragioni. La prima è che oggi, 30 gennaio, alle 12.30 ne discutiamo in un webinar (anzi, in un wEUbinar) dell’Institute for European Policymaking della Bocconi con cui collaboro.
Carlo Favero presenterà il suo lavoro e a discuterlo ci sarà Maria Cannata, che per vent’anni è stata la responsabile della gestione del debito pubblico italiano al ministero dell’Economia e oggi è presidente di Mts, il mercato telematico dei titoli di Stato. Per partecipare, potete iscrivervi qui.
La seconda ragione per discuterne è che, con una sintesi un po’ forte di cui mi assumo la responsabilità (Amato e Favero sarebbero più cauti e precisi), misurare il costo eccessivo del debito pubblico equivale un po’ a individuare il costo politico. O meglio, l’effetto della situazione politica sui tassi che i mercati chiedono all’Italia.
Per chi è interessato alla spiegazione più tecnica, vi rimando al sito dell’Institute for European Policymaking della Bocconi.
Per gli altri, la sintesi è questa: Amato e Favero hanno elaborato il progetto di un’agenzia del debito che permetterebbe una gestione comunitaria del debito pubblico dei paesi membri senza una piena mutualizzazione del rischio. Senza cioè accollare ai contribuenti tedeschi o olandesi i costi degli eccessi di spesa pubblica italiani del passato o gli errori futuri.
In pratica, l’agenzia del debito emetterebbe obbligazioni al posto degli Stati e poi girerebbe la liquidità ai paesi membri dell’euro con prestiti perpetui a un tasso di interesse che rispecchia il merito di credito del paese e la probabilità di default.
Con questo schema, un paese si troverebbe a pagare un tasso di interesse coerente con le scelte di politica economica che fa (più alto se spende troppo e aumenta la probabilità di essere declassato nel rating e di andare in default, più basso se fa il contrario). Eviterebbe però di essere in balia degli umori dei mercati, si ridurrebbe la volatilità: non ci sarebbero più scossoni sullo spread, frutto del tentativo degli investitori di intercettare le evoluzioni del clima politico, ma soltanto analisi ponderate e tecniche della solidità dei conti.
Una delle conseguenze del lavoro fatto per l’Agenzia del debito, proposta di cui si discute a livello europeo da un paio d’anni, è che Amato, Favero e Srivastava hanno sviluppato un modo per calcolare quando il prezzo richiesto dai mercati è eccessivo rispetto ai fondamentali economici del paese che ha emesso debito sovrano. Potete usarlo anche voi online, dal sito dello IEP.
Se guardate il grafico dell’Italia, si capisce subito di che stiamo parlando. Il prezzo “idiomatico”, come lo chiamano Amato e Favero, è la linea verde. Cioè il prezzo “giusto” che il paese pagherebbe se i mercati considerassero solo lo stato dei suoi conti pubblici e le prospettive della sua economia.
Il prezzo del debito richiesto dal mercato è la linea nera (il grafico considera lo spread, cioè il rendimento dei titoli di Stato italiani al netto di quelli tedeschi). Le linee rosse e blu sono i margini di oscillazioni che la Bce dovrebbe considerare per valutare quando il rendimento richiesto dal mercato non è coerente con i fondamentali e, nel caso, segnalarlo al paese in modo che si metta in riga, prima che sia necessario intervenire con gli acquisti di emergenza.
La cosa comunque interessante, a prescindere da quello che la Bce farà, è quello che ci dice questo grafico sulla storia politica recente del paese.
Come vedete, la linea nera è lontanissima da quella verde dei fondamentali in alcuni momenti ben riconoscibili: si nota la crisi dello spread del 2011, e si capisce che era un problema tutto di reputazione.
Da un certo punto di vista, avevano ragione Silvio Berlusconi e il suo centrodestra: i fondamentali economici dell’Italia non erano cambiati, il tasso “giusto” (cioè la linea verde) non si è mosso.
Quello che era cambiato in quella fase era il rischio politico. Cioè il sovrapprezzo pagato per colpa delle risse interne al centrodestra, della perdita di credibilità di Berlusconi, della sua rottura con l’allora ministro dell’Economia Giulio Tremonti, delle feste del Bunga Bunga ad Arcore…
La linea nera scente con l’arrivo del governo tecnico di Mario Monti che riesce a migliorare i fondamentali del paese - quindi scende il tasso “giusto” verde - ma soprattutto rimuove il rischio politico, perché restituisce credibilità all’Italia, e dunque la linea nera torna molto più vicina a quella verde e alle due bande di oscillazione.
Se notate c’è un altro momento di picco, quello del governo gialloverde, dopo l’estate 2018: i fondamentali non sono cambiati, anzi, il tasso “giusto” verde è addirittura in calo, ma l’arrivo al governo della coalizione populista che allora sognava di sfondare i vincoli di bilancio e forse uscire dall’euro fa aumentare il rischio politico e dunque il costo del debito chiesto dai mercati (la linea nera).
(dagli archivi del mio amico Natangelo)
Guardate questo zoom sugli anni recenti dalla pandemia in poi. Ci dice una cosa sorprendente, cioè che anche durante il Covid l’Italia pagava un sovrapprezzo dovuto al rischio politico. Cioè il costo del debito era eccessivo rispetto alle conseguenze inflitte dal virus all’epidemia.
Effetto Draghi
L’effetto rischio politico svanisce - e non è una gran sorpresa - quando dal governo Conte 2 si passa a quello di Mario Draghi e praticamente per la prima volta negli ultimi vent’anni il costo effettivo del debito pubblico italiano rientra nella banda di oscillazione che indica una coerenza con i fondamentali economici.
La reputazione di Draghi, insomma, per un po’ cancella la percezione di un’Italia inaffidabile come debitore per colpa della sua classe politica più che del suo indebitamento pregresso e delle basse prospettive di crescita.
E il rischio politico di Giorgia Meloni?
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