Il caso Caffo, i fatti e le opinioni
Il filosofo è accusato di violenza. La presunzione di innocenza riguarda l'esito del processo, poi ci sono i fatti già noti. Sui quali è legittimo - e doveroso -avere opinioni
E’ lo stesso Caffo, nella sua lettera, a separare la presunzione di innocenza - che riguarda la sfera penale - dal diritto di parola, che secondo lui va garantito anche a “chi sbaglia”. E questo mette i difensori di Caffo in una posizione scomoda: perché lui stesso chiede di essere valutato come intellettuale pubblico a prescindere dagli esiti del processo
Seguo da mesi il caso di Leonardo Caffo per due ragioni: perché è uno che ho letto, che ho fatto scrivere (una volta) su Domani, di cui mi piacevano libri e idee e perché è un uomo della mia generazione, appena più giovane, nel quale mi rivedo.
Se uno così, uno che scrive libri su filosofi che mi piacciono e sul veganesimo, può essere un violento, allora forse hanno ragione quelle donne che considerano tutti noi uomini mostri in potenza?
Seguo il suo caso anche perché per mesi non sono riuscito a decidere cosa dovevo pensarne: è sotto processo per le violenze alla compagna, madre di sua figlia, ma non c’è una sentenza.
Eppure lui una sua qualche condanna la sta già scontando, con pena anticipata della perdita di reputazione. Conferenze, curatele, libri, collaborazioni: tutto è saltato molto prima della sentenza. Che comunque sarebbe una sentenza di primo grado, non definitiva.
Quando ho visto poi le sue riabilitazioni preventive, per esempio Ilaria Gaspari (insieme avevano collaborato a un festival sul Tempo delle Donne) sul magazine del Corriere della Sera, a fine giugno, sono rimasto ancora più turbato: la sentenza di condanna non c’è stata, ma neppure quella di assoluzione.
Sono forse troppo manettaro a pensare che uno denunciato dalla compagna con accuse gravi di violenze è innocente fino a prova contraria ma è comunque da guardare e trattare con un po’ di diffidenza?
Quando è arrivato il caso di Più Libri Più Liberi, la fiera della piccola e media editoria diretta da Chiara Valerio, i miei dubbi sul caso Caffo si sono moltiplicati. Chiara Valerio lo ha invitato a parlare di un libro - Anarchia per Raffaello Cortina - non del suo caso personale.
Certo, la fiera è intitolata a Giulia Cecchettin, uccisa da un ex fidanzato che la perseguitava, ma è vero anche quello che Chiara Valerio ha detto a Propaganda Live: “Chi non è condannato in via definitiva ha il diritto costituzionale di parlare” e “non sappiamo se la giustizia lo riterrà colpevole”.
Il tribunale parallelo dei social ha ovviamente espresso giudizi molto netti, contestando la scelta di Chiara Valerio di invitarlo (ma chissà perché non quella dell’editore Raffaello Cortina di pubblicarlo, che era la ragione primaria dell’invito, forse perché i libri li leggono in pochi).
E i fatti?
Ai miei vari disagi sul caso Caffo se ne è aggiunto uno ulteriore: praticamente tutti quelli che si infervorano sulla questione sembrano prescindere dai fatti.
Partiamo dai fatti pubblici, quelli che chiunque avrebbe potuto (e dovuto) conoscere. Guardiamo l’archivio dell’agenzia Ansa.
Il 23 novembre 2023, pochi giorni dopo l’omicidio di Giulia Cecchettin, l’Ansa ha un lancio con questo titolo: “Inaudite violenze'' a compagna, filosofo Caffo sotto processo”.
Si dà conto del fatto che Caffo è a processo “con le accuse di maltrattamento aggravato e lesioni nei confronti della sua compagna”.
Quasi dovesse discolparsi di una indifferenza pregressa, l’Ansa precisa: “La vicenda, finora passata in sordina, è venuta a galla solo oggi in quanto Caffo è stato visto in aula sul banco degli imputati”. Ma i fatti contestati si sono consumati tra il 2019 e il 2022, quando Caffo è accusato di aver maltrattato "con inaudite violenze verbali, morali e fisiche" la sua convivente.
Il 4 dicembre, c’è una singolare nota della direzione dell’Ansa:
"Il 23 novembre scorso l'Ansa, in occasione di un'udienza del processo a Leonardo Caffo, ha dato lecitamente conto, mediante breve notizia trasmessa nel presente notiziario, delle imputazioni per maltrattamenti e lesioni nei riguardi della ex compagna mosse dalla Procura della Repubblica di Milano al medesimo Caffo.
In seguito ad una nota di contestazione inviata poco dopo dai legali dell'imputato (i quali in precedenza nulla avevano voluto riferire riguardo alla posizione del loro assistito), la notizia è stata riesaminata poiché conteneva un riferimento alla figlia minore dell'imputato e, per tale ragione, in via cautelativa è stata annullata.
L'Ansa continuerà a seguire l'evoluzione del procedimento penale, contemperando, come in ogni occasione, la tutela del diritto di cronaca con l'essenzialità dell'informazione, il rispetto della dignità delle persone, la tutela della riservatezza dei minori e il diritto alla protezione dei dati personali, peraltro affievolito nel caso di Caffo per essere egli un personaggio pubblico".
Segue anche una “lettera-rettifica” di Caffo, pubblicata su richiesta dei difensori. Caffo ribadisce che “le accuse sono tutte da provare” e che ha scelto il dibattimento “per sentirmi dichiarare innocente”. Una frase che non so bene come interpretare, perché non è l’imputato a scegliere di essere processato. E’ l’accusa che chiede il processo.
La facoltà dell’imputato è al massimo quella di patteggiare una pena, quindi qui Caffo sta lasciando intendere - se capisco bene - di aver valutato il patteggiamento e aver poi scelto il processo “per sentirmi dichiarare innocente”.
Il processo
Chi avesse voluto farsi un’idea - davvero - di quali elementi ci sono per valutare il caso Caffo anche in assenza della verità giudiziaria, avrebbe poi trovato numerosi altri contenuti nell’archivio dell’Ansa che - come promesso - ha continuato a seguire il processo.
Il 16 gennaio scorso viene dato conto della testimonianza del padre della ex compagna: nel luglio 2022, racconta l’uomo, l’allora compagna di Caffo decide di presentare una denuncia contro il filosofo. Padre e figlia si incontrano in un bar milanese:
Fino a quel momento la figlia non gli aveva detto nulla. L'uomo ha poi spiegato ai giudici che due episodi ben precisi risalenti agli anni precedenti - un dito "rotto" e un piede "contuso" per un "calcio" - la ragazza li aveva giustificati come incidenti, uno domestico e l'altro una caduta in moto.
In quell'incontro invece, ha proseguito il teste, "con le lacrime agli occhi" la ragazza raccontò tutto: Caffo "le diceva di buttarsi dal balcone, che era una nullità, - ha riferito l'uomo riportando le sue parole - io un mafioso e sua madre una mantenuta". E poi, qualora lo avesse denunciato "che l'avrebbe fatta prendere per pazza" o anche "che l'avrebbe uccisa".
Sempre l’Ansa dà conto che in quella udienza la difesa di Caffo chiede di celebrare il resto del processo a porte chiuse ma si vede respingere la richiesta.
Gli avvocati provano allora a chiedere di coinvolgere addirittura la Corte costituzionale (non mi è chiaro perché), richiesta respinta anche questa. Legittime strategie processuali, che però stridono con quanto annunciato da Caffo nella lettera all’Ansa di poche settimane prima, che presentava il processo come una scelta di trasparenza.
Segue la testimonianza della vittima, con uno dei racconti più crudi della vicenda. Racconta di quando ha deciso di rompere con Leonardo Caffo, nell’estate 2022:
“Mi ha inviato una mail da un indirizzo di posta elettronica che aveva appena inventato, scritto in un modo che solo io potevo capire, con parole intime. Mi chiedeva di vederci per l'ultima volta, di andare a Chiaravalle in taxi e di lasciare il telefono a casa".
Cito sempre dall’Ansa:
"Già alla fine di agosto lo volevo lasciare" ma dopo la confessione di un bacio al suo ex ragazzo "lui ha parlato con i miei genitori, disperandosi; io ero la cattiva. Mi sono sentita in colpa, pensavo di aver fatto la cosa più brutta del mondo". La donna ha parlato di insulti ("mi fai schifo, sei una persona inutile") e maltrattamenti ("mi ha preso la testa e me l'ha sbattuta contro il finestrino, rompendolo, e contro lo specchietto").
Il 27 febbraio Leonardo Caffo ha l’occasione di difendersi e sceglie parole che non negano una certa conflittualità anche fisica, ma contestano soltanto l’intensità:
"Io non l'ho mai aggredita. Ci sono state due o tre volte in cui mi è capitato di allontanarla fisicamente perché spesso succedeva che esplodesse o venendomi contro o schiaffeggiandomi o lanciandomi oggetti, bicchieri. Non sono contento di queste cose. Mi è capitato di darle una spinta, ma di usare le mani proprio no"
E poi ancora:
“È stata una relazione piena d'amore ma condita da molti problemi - ha affermato - La quotidianità era buona ma poi litigavamo. C'erano discussioni su tutto, insulti reciproci, screzi di ogni tipo. Ci mandavamo reciprocamente a quel paese ma la prassi non era la degenerazione".
Insulti "reciproci" anche con espressioni come, ha spiegato davanti al collegio della quinta sezione penale presieduto da Alessandra Clemente, "buttati dal balcone" o "ti dovrebbero ammazzare" oppure "ma che sei pazza?". Frasi che Caffo ha minimizzato rispetto al significato attribuito dal pm Francesca Gentilini, dal gip Ileana Ramundo che ha firmato il provvedimento cautelare.
Le perizie e la frattura
Il 26 marzo interviene la mamma di Caffo, dice che non sospettava niente, la frattura del dito della compagna di Caffo, le dicono nel 2020 il figlio e la nuora, deriva da una “caduta nella doccia”.
La cosa importante di quella udienza è che la difesa di Caffo chiede una perizia sulla frattura alla mano destra della compagna di Caffo dopo una lite del 17 agosto 2020. Secondo un consulente della difesa, “non è compatibile con una torsione ma per esempio con un pugno diretto con le nocche contro una parete molto resistente".
Ricapitoliamo quindi questa faccenda della frattura, perché è un punto importante.
Caffo e la compagna dicono all’epoca alla madre di Caffo che è stato un incidente nella doccia, la donna sostiene che Caffo le ha rotto un dito con gravi danni, la difesa di Caffo prova a sostenere che è la donna a essersi fatta male dando un pugno a un muro. Il risultato è comunque una frattura scomposta, con “accorciamento del dito”.
Il 28 maggio i giudici del tribunale di Milano decidono di dare un incarico a due esperti, consulenti indipendenti, che lavorando per il tribunale e non per una delle parti in causa.
ll 12 settembre i periti indipendenti depositano 40 pagine di documentazione: dicono che la mano della giovane donna “fu afferrata e contorta”. Niente caduta nella doccia e niente pugno al muro.
Da notare i tempi: la relazione tra Caffo e la ex compagna inizia nel 2019, già il 17 agosto 2020 c’è questo episodio, eppure ancora oggi Caffo parla di una “relazione piena d’amore” che solo alla fine è degenerata.
Il 15 ottobre la pm Milda Milli chiede la condanna a quattro anni di carcere per Caffo, i due avvocati della difesa - stando al resoconto sempre dell’Ansa - argomentano la loro posizione contestando la credibilità dell’accusatrice, cioè la presunta vittima, che avrebbe reso racconti “inverosimili” e “incoerenti”.
Le altre cose che sappiamo
Fin qui i fatti. Che chi deve decidere se e quanto spazio dare a Caffo in attesa di una sentenza potrebbe e dovrebbe conoscere: c’è una giovane donna che contesta gravi violenze, un uomo che le nega e sostiene di fatto che le accuse siano inventate, una perizia indipendente che sull’episodio più grave smentisce l’uomo e accredita la versione della donna.
E già questo potrebbe bastare a farsi un’idea se non delle responsabilità penali almeno di quelle morali. Anche senza condividere necessariamente lo slogan “sorella, io ti credo” che presuppone sempre la veridicità della denuncia e lascia all’uomo l’onere di dimostrare la falsità dell’accusa.
Non sono però queste le uniche informazioni che abbiamo. C’è anche l’ordinanza di misure cautelari, disposta dal giudice per le indagini preliminari (perché prima del processo ci sono già giudici che si pronunciano).
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