I conti in sospeso
Francesco è stato un Papa popolare e populista, che ha cercato di salvare la Chiesa da sé stessa. Ma non è sempre stato all’altezza di quello che predicava



La grande incognita è se il nuovo Papa che uscirà dal Conclave plasmato da Francesco sceglierà di essere soltanto un erede, diciamo un Francesco II, o se invece una volta eletto svilupperà una agenda autonoma di priorità e procedure diversa da quella di Bergoglio
Le analisi di Appunti sulla fine del papato
I giornali italiani privilegiano una interpretazione consensuale del papato di Francesco che si è appena concluso. Come se fosse ovvio farne una sintesi nella quale tutti si possono riconoscere e che non sollevi obiezioni.
I due principali quotidiani del Paese, Corriere della Sera e Repubblica, hanno scelto addirittura lo stesso titolo “Il Papa degli ultimi". Pure il Messaggero di Roma, stesso titolo, “Il Papa degli ultimi”
Certo, i gesti di Jorge Mario Bergoglio resteranno impressi, così come la sua capacità di dare messaggi forti attraverso i simboli.
In una analisi, il vaticanista Riccardo Cristiano ha scritto che è proprio il modo di comunicare di Francesco il cambiamento più irreversibile del suo papato: mai si era visto un pontefice che faceva dichiarazioni a braccio, fuori da ogni protocollo, che inventava aneddoti e parabole per costruire una teologia alla portata di tutti.
Fuori dall’Italia, però, il dibattito sull’eredità di Francesco è molto più articolato e rispecchia in modo più fedele quello che il Papa è stato nei suoi dodici anni di attività: una figura di rottura, controversa, polarizzante, che voleva ottenere e sempre otteneva reazioni estreme alle sue scelte drastiche.
JD Flynn, direttore dell’influente sito di analisi The Pillar, scrive che è troppo presto per giudicare Francesco con il metro della Storia. Non soltanto perché la Chiesa ragiona sull’orizzonte dei secoli, e non dei giorni, ma anche perché un bilancio dell’operato di Bergoglio dipende molto da come e quanto il suo successore o i suoi successori porteranno a compimento quello che lui ha iniziato ma lasciato a metà:
“Per molti attenti osservatori della Chiesa, l’eredità di Francesco sarà valutata alla luce delle circostanze della sua elezione e dei segnali emersi nei primi anni del suo pontificato.
E per numerosi osservatori, tanto progressisti quanto conservatori, il pontificato di Francesco sarà ricordato per i progetti avviati, le idee concepite, i dibattiti innescati e i cambiamenti prospettati, annunciati o proclamati.
Sarà ricordato per inizi e slanci, alcuni dei quali potrebbero ancora giungere a compimento.
Ma si dirà anche che, tra le molte cose iniziate da Francesco, poche sembrano essere giunte a una conclusione attesa — o a una conclusione tout court — durante il suo regno”.
A parte i gesti e i simboli, la rivoluzione di Francesco non è un processo concluso. Se rimane così, a metà, Bergoglio sarà ricordato come un Papa che alle intenzioni non ha saputo far seguire i fatti, se invece chi verrà dopo di lui porterà a termine i tanti progetti incompiuti Francesco rimarrà come l’iniziatore di riforme profonde.
Il Sinodo sulla sinodalità, per esempio, fin qui non ha prodotto niente di concreto: la Chiesa non ha deciso come reinventare il proprio ruolo nella società, come rendere le parrocchie più contemporanee, come stabilire processi decisionali più inclusivi.
Solo buone intenzioni?
Le Monde, nel suo articolo di commemorazione del Papa, si concentra sulla questione più scabrosa: “L’eredità di Papa Francesco sulla pedofilia è incompleta”. Mai un Papa ha affrontato tanti scandali, scrive Le Monde, ma il processo di ammissione di responsabilità e la definizione di nuovi standard etici e di comportamento è, come minimo, lontano dalla sua conclusione.
Per citare ancora The Pillar, Bergoglio ha avuto una linea molto erratica nell’approccio agli abusi sessuali commessi da preti:
“E’ stato Francesco a convocare un vertice globale sugli abusi sessuali, a chiedere alle conferenze episcopali di adottare politiche adeguate e di cooperare con le autorità civili, a promettere alle vittime che sarebbero state ascoltate, ai whistleblower che sarebbero stati protetti, ai vescovi che avrebbero dovuto inginocchiarsi in preghiera e penitenza.
Ma è stato anche Francesco al centro degli scandali legati a Zanchetta, Principi, Rupnik e altri ancora. Ed è stato sempre Francesco a promulgare il documento cardine Vos estis lux mundi, oggi ampiamente considerato un fallimento.
E’ stato lui a legiferare con fermezza contro l’abuso, la manipolazione e le occasioni di peccato, e poi a permettere che quelle stesse leggi venissero applicate in modo selettivo, o addirittura ignorate.
Ha promesso cambiamento, ha avviato un processo di riforma. Ma, secondo la maggior parte delle valutazioni, tale riforma non si è ancora realizzata”.
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