Gli Stati Uniti di Netanyahu
Il bombardamento americano dell’Iran è stato deciso a Gerusalemme, non a Washington. Mai come ora l’America di Trump è sembrata in balia degli eventi
Si dimentica spesso che, proprio per controbilanciare il possibile nucleare di New Delhi (all’epoca sostenuta da Mosca), l’amministrazione Ford aveva fatto in modo, nel 1976, di permettere il controllo del ciclo completo dell’atomo a… l’Iran
Manlio Graziano
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In Francia c’è un proverbio che più o meno recita così: ogni giorno porta la sua pena. Si sa che i francesi, in media, non sono particolarmente ottimisti; tuttavia, dal novembre del 2024, quando Donald Trump è stato rieletto, tutte le ipotesi più pessimistiche sono state scavalcate, in peggio, dalla realtà. Quasi ogni giorno ci si risveglia ritrovandosi in un mondo messo peggio di quanto non lo fosse il giorno prima.
Che cosa possiamo dire dell’attacco militare americano all’Iran a poche ore di distanza? Innanzitutto che questo è (per ora) il punto più basso del declino degli Stati Uniti. Infatti, proprio mentre Trump stava cercando di riscrivere con Teheran quell’accordo che lui stesso aveva stracciato qualche anno prima, Israele ha cominciato a bombardare i siti nucleari e militari in Iran, nonostante i tentativi del presidente americano di trattenere Netanyahu dal farlo.
Il primo ministro di Israele non solo lo ha ignorato, ma uno degli scopi del suo attacco era proprio trascinare Washington nel conflitto. In capo a poco più di una settimana di dichiarazioni contraddittorie del loro presidente – negoziato, resa incondizionata, evacuazione di Teheran, ultimatum e poi di nuovo negoziato – gli Stati Uniti hanno deciso di bombardare anche loro l’Iran.
C’è chi sostiene che Donald Trump rischi di giocarsi almeno una parte della sua base MAGA, contraria non solo a ogni intervento militare esterno (quelli interni, tipo Los Angeles, sono invece di suo alto gradimento), ma a qualsiasi azione, anche solo diplomatica o, peggio, umanitaria, all’esterno.
Il possibile contraccolpo sulla sua base più intima è di sicuro un aspetto che Trump ha preso in considerazione, perché nei suoi calcoli non c’è l’interesse degli Stati Uniti ma solo l’interesse per sé stesso; non cosa sarebbe importante e vitale per gli Stati Uniti, ma cosa è importante e vitale per sé, cosa ne esalta e cosa ne potrebbe danneggiare l’immagine.
In quel calcolo, è difficile che possa diventare un oggetto di preoccupazione un gruppo di individui che sono essenzialmente dei credenti, disposti a idolatrare la loro divinità e ad accettarne i decreti quali essi siano: le vie di Trump sono infinite e tutte imperscrutabili.
Dimenticate la coerenza
Di scarso peso è anche l’osservazione circa l’incoerenza di Donald Trump, eletto con la promessa di tenere gli Stati Uniti fuori da ogni guerra, salvo poi minacciare azioni militari (contro il Canada, la Danimarca, Panama e il Messico) e farle (contro lo Yemen e ora contro l’Iran).
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