Geopolitica del caso Cecilia Sala
Reagire alla spregiudicata “diplomazia degli ostaggi” usata dal regime dell’Iran si sta rivelando molto difficile
Nel 2017 gli Stati Uniti di Trump sono usciti dall’accordo sul nucleare che sottoponeva a una sorta di vigilanza internazionale la politica atomica dell’Iran. Una volta cancellato quel tavolo diplomatico permanente, dal 2018 l’Iran ha smesso di considerare i Paesi europei degli utili mediatori nei rapporti con Washington
La vicenda di Cecilia Sala è molto complicata, la famiglia adesso chiede riservatezza e discrezione nel maneggiare le informazioni, dopo giorni in cui è stato invece tutto molto pubblico.
Per capire cosa sta succedendo, bisogna considerare fronti: quello italiano, quello americano e quello iraniano. Ma prima di addentrarsi nell’analisi, vale la pena ribadire una cosa. Molti, fin da quando si è saputa la notizia, chiedono: di cosa è accusata la giornalista del Foglio e di Chora Media imprigionata in Iran? Che cosa le imputa il regime teocratico degli ayatollah?
La risposta, a due settimane dall’arresto del 19 dicembre e a una dalla notizia, non c’è. E non c’è perché è irrilevante: regimi come quelli dell’Iran usano la legge come strumento di potere. Non è il governo soggetto alla legge, ma la legge al governo. Quindi la vera domanda è: cosa vuole l’Iran in cambio di Cecilia Sala?
Cosa vuole l’Iran
Questo ormai lo sappiamo: l’Iran vuole la liberazione di Mohammad Abbedinajafabadi, detto Mohammad Abedini, che la polizia italiana ha fermato a Malpensa, su richiesta degli Stati Uniti, il 16 dicembre, tre giorni prima dell’arresto di Cecilia Sala.
Abedini ha 38 anni ed è inseguito dalla giustizia americana con un’accusa pesante: aver aggirato le sanzioni americane contro l’Iran per fornire tecnologia vietata alle guardie rivoluzionarie del regime che è stata usata in droni che hanno ucciso tre americani.
Abedini è co-fondatore e capo dell’azienda iraniana SDRA che tra 2019 e 2023 ha venduto tecnologia praticamente solo all’aviazione iraniana. In particolare, SDRA vendeva un sistema di navigazione chiamato Sepehr che è usato soprattutto in droni senza pilota ma anche in missili di crociera e balistici, si legge nell’atto d’accusa del dipartimento di Giustizia americano.
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