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Ecco perché la Germania ha cambiato approccio all’Europa
Appunti di Geopolitica

Ecco perché la Germania ha cambiato approccio all’Europa

Dalle scelte tedesche sul debito alla linea del governo italiano sul riarmo: l’ambasciatore Luigi Mattiolo analizza come l’Ue sta cambiando nel tempo di Trump

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Stefano Feltri
mar 26, 2025
∙ A pagamento
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Ecco perché la Germania ha cambiato approccio all’Europa
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Spesso la Germania è stata descritta come un “impero riluttante”, per ragioni storiche comprensibili. Oggi mi sembra che questo pudore stia venendo meno e che, con l’emergere di nuove leadership, la Germania si prepari a riconoscere più apertamente il proprio ruolo di “major player” nel continente.

Luigi Mattiolo

Questa intervista è uscita in inglese sul Substack dell’Institute for European Policymaking, il think tank sulle politiche europee della Bocconi. Potete iscrivervi qui:

IEP@BU
Founded by Bocconi University and Institute Javotte Bocconi, the Institute for European Policymaking @ Bocconi University combines the analytic rigor of a research institute with the policy impact of a think tank.

Luigi Mattiolo da gennaio 2025 è il nuovo presidente italiano di Villa Vigoni, il think tank binazionale italo-tedesco che sul lago di Como si occupa di curare un dialogo europeo, in particolare tra due Paesi fondatori, che non è mai stato più necessario.

L’ambasciatore Mattiolo ha alle spalle una carriera che lo rende l’osservatore più adatto per decifrare i grandi cambiamenti in corso sia in Europa che nel mondo i cui equilibri sono stati scossi dal ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca.

Nei suoi 43 anni in diplomazia si è occupato molto di Unione europea e Nato, per il ministero degli Esteri è stato direttore generale per l’Unione europea, e poi ambasciatore in Turchia, in Germania, e infine consigliere diplomatico del presidente del Consiglio Mario Draghi, fino al 2022.

Ambasciatore Mattiolo, partiamo dalla Germania che ha lasciato nel 2021. Da allora tutto sembra essere cambiato. Era un’altra Germania, in un’altra Europa, c’era ancora Angela Merkel, c’erano vincoli di bilancio molto rigidi, e un’economia fondata sui rapporti con la Cina e sul gas russo a basso prezzo. Oggi come guarda a quella Germania? Che bilancio ne possiamo fare?

Sicuramente era un altro mondo. Nella Germania che ho conosciuto io sono accaduti due eventi chiave: uno di portata nazionale ma con rilievo europeo, l’altro di portata globale.

Il primo è stato la rinuncia di Angela Merkel, in quel Congresso della CDU di Amburgo del dicembre 2018, alla presidenza del partito: in un sistema come quello tedesco significa automaticamente la rinuncia a concorrere alle successive elezioni, poi tenutesi nel settembre del 2021 e vinte da Olaf Scholz (SPD).

È stato un momento particolare: da un lato, Merkel ha continuato a esercitare appieno i suoi poteri di Cancelliere, dall’altro si viveva già con molti interrogativi sul futuro, su come si sarebbe configurata la Germania, e su quale sarebbe stata l’eredità di Merkel.

Poi la guerra in Ucraina — e la conseguente scoperta (per alcuni, mentre per altri era già chiaro) del vero “volto” della Russia di Vladimir Putin — ha spinto a rimettere in discussione molte delle scelte ereditate dall’era Merkel, in particolare i rapporti privilegiati con Mosca, che erano stati coltivati anche nell’interesse dell’Europa.

Il secondo evento, di portata più devastante, è stata la pandemia. Nella mia esperienza, come in quella di tutti i colleghi diplomatici che si trovavano all’estero in quegli anni, si è creato uno spartiacque tra il “prima” e il “dopo” la pandemia.

E proprio la pandemia ha inciso in maniera decisiva sull’atteggiamento tedesco verso l’integrazione europea.

La Germania ha affrontato la pandemia contando sulla forza della sua struttura economica e amministrativa.

Noi in Italia avevamo poco più di 7.000 posti in terapia intensiva per circa 60 milioni di abitanti; la Germania, con circa 80 milioni di abitanti, ne aveva 28.000, quattro volte tanto.

Per questo ha potuto evitare lunghi lockdown nelle fabbriche o nelle scuole, illudendosi di poter proseguire l’attività. Ma poi le fabbriche hanno dovuto fermarsi comunque, a causa della mancanza di pezzi di ricambio da Paesi come l’Italia, che invece erano costretti a chiudere.

Questo problema ha rafforzato la consapevolezza, nell’opinione pubblica e tra i partiti e gli imprenditori tedeschi, che la Germania non agisce in un vuoto: è la maggiore potenza manifatturiera europea, ma è anche completamente integrata nel mercato unico.

Da qui il “cambio di paradigma”, ossia l’appoggio a forme di sostegno comuni per affrontare le conseguenze economiche e sociali della pandemia: in questo contesto si inseriscono il Recovery Fund e il Next Generation EU.

Ho dunque vissuto una Germania che si è dimostrata solidale con l’Italia e con altri Paesi in modo straordinario.

Ricordo, per esempio, l’operazione di trasporto di alcuni nostri malati in Germania, iniziativa partita da ambienti parlamentari tedeschi.

È stata una testimonianza forte della profondità dei legami tra i due Paesi, non solo in termini economici, ma anche sotto il profilo etico, morale e affettivo.

L’ex cancelliera tedesca Angela Merkel

Che giudizio possiamo dare di quelle che si sono rivelate le scelte più controverse della strategia di Angela Merkel, cioè coltivare una qualche forma di rapporti con Putin e legarsi alla Russia per avere gas a prezzi contenuti?

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