E se il domani fosse adesso?
Paola Cortellesi racconta le speranze delle donne italiane legate al diritto al voto, speranze a lungo tradite. Ma il successo del film indica che - forse - adesso le cose stanno cambiando
Paola Cortellesi avrebbe potuto anche scegliere di raccontare la frustrazione per i troppi tetti di cristallo nella società italiana. Invece ha raccontato la speranza e l’attesa del cambiamento.
Buongiorno a tutte e tutti,
su RaiPlay Sound trovate la nuova puntata de Le Parole dell’Economia, dedicata al clima, in attesa di Cop28, di cui ci occuperemo presto anche qui.
So che ci sono fisici ed esperti di clima tra gli abbonati, avete voglia di intervenire qui?
Come tanti altri, ho visto il film di Paola Cortellesi e credo che sollevi questioni importanti, mi ha lasciato anche alcune domande alle quali ho cercato una risposta che trovate qui sotto.
Fatemi sapere che ne pensate,
Vi auguro buona settimana,
Stefano
Il successo del film di Paola Cortellesi C’è ancora domani si spiega certo con la qualità della regia e la bravura degli interpreti, ma probabilmente si deve anche al fatto che il messaggio di fondo risulta in sintonia con qualcosa che il pubblico avverte come vero, solido.
Cioè che la vita democratica e la politica sono il vero strumento per le donne di migliorare la propria condizione, individuale e collettiva.
Paola Cortellesi avrebbe potuto anche scegliere di raccontare la frustrazione per i tanti tetti di cristallo nella società italiana, o la fatica di costruire una bilanciamento più equo anche nel potere pubblico tra i sessi. Invece ha raccontato la speranza e l’attesa del cambiamento.
In questa legislatura, per esempio, la quota di donne elette è calata per la prima volta dal 2001 (il grafico è di Openpolis). Però ci sono due donne a capo dei due principali partiti - Giorgia Meloni, presidente del Consiglio e leader di Fratelli d’Italia, Elly Schlein segretaria del Pd - e donne in altre posizioni apicali in passato esclusivamente maschili (Elisabetta Belloni al coordinamento dell’intelligence, Silvana Sciarra è stata finora alla guida della Corte costituzionale…).
In una stagione che ha messo al centro spesso l’affermazione individuale delle persone, attraverso soprattutto la scelta di una nicchia identitaria alla quale aderire senza incorrere in discriminazioni, Paola Cortellesi sceglie un taglio diverso: è il voto che conta, cioè la dimensione pubblica e collettiva dell’individuo più che il suo privato. E presenta le prime elezioni nelle quali le donne hanno avuto la possibilità di esprimersi, quelle del 1946, come un momento spartiacque. E dopo cosa è successo?
Come dicono i mariti
Le tante Delia che, come nel film, affidano a quella parità democratica finalmente riconosciuta per legge le loro speranze di riscatto ed emancipazione da una vita sotto il giogo del dominio maschile, sono rimaste deluse o hanno visto confermate le proprie attese di cambiamento?
I politologi Laura Sartori e Dario Tuorto hanno indagato le differenze di partecipazione per genere nella Prima Repubblica (1948-1992) e nella Seconda (dal 1992, la ricerca arriva fino al 2018)
I dati indicano che per una lunga fase, le donne sembrano votare circa nelle stesse percentuali degli uomini. Addirittura li superano nel 1958. Poi dagli anni Ottanta e ancor di più dai Novanta la partecipazione si riduce per tutti, ma quella delle donne scende più di quella degli uomini.
La prima spiegazione che viene fornita da politologi (di solito maschi) è che il voto femminile in Italia in molti casi seguisse percorsi molto diversi da quelli evocati dal film di Paola Cortellesi. Cioè che le donne votassero quello che diceva il marito o il padre.
Sia perché - come ben racconta C’è ancora domani - avevano poca autonomia di gestione della propria vita e scarse occasioni di socialità fuori dalla famiglia.
Dunque, trovavano nella Chiesa il principale strumento di accesso a una qualche forma di vita pubblica. E la Chiesa mobilitava in massa elettori ed elettrici a favore della DC, con il voto presentato dal pulpito della messa domenicale come un dovere anti-comunista.
Poi le donne iniziano a emanciparsi da una dimensione esclusivamente domestica, nella quale il lavoro accessibile o quantomeno riconosciuto era soltanto quello di cura. Ed entrano nella forza lavoro, come si vede qui sotto (anche se il grafico inizia negli anni Settanta). Delia nel film lavora, ma sono prestazioni occasionali remunerate a cottimo, non ha colleghe e colleghi, non è parte di un contesto organizzato o almeno organizzabile come una fabbrica.
Lavorare significa più autonomia economica, certo, ma anche entrare in un nuovo sistema di riferimenti culturali e valoriali, meno centrato sulla famiglia, la possibilità di ragionare anche per classi sociali e l’accesso ad altri fori di partecipazione pubblica (manifestazioni, sindacati ecc.)
Il lavoro, come il voto, diventa uno strumento per l'affermazione individuale dopo una fase lunga nella quale la donna aveva avuto proiezione pubblica soltanto come pilastro della famiglia.
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