Dazi e digitale, la doppia sfida Ue-Usa
Sullo sfondo del negoziato sulle misure protezionistiche, c’è l’insofferenza di Big Tech per le regole che Bruxelles impone alle grandi piattaforme
Il vero distacco dagli Stati Uniti nasce dal fatto che in Europa ci sono poche imprese nei settori ad alto contenuto tecnologico, come il biotech o l’intelligenza artificiale, e queste imprese sono anche molto più piccole rispetto alle loro controparti americane. Di conseguenza, in proporzione investono meno
Giorgio Presidente
Sullo sfondo dei negoziati sui dazi decisi da Donald Trump il 2 aprile scorso, c’è una partita molto più vitale per l’Europa e per gli Stati Uniti: quella per il futuro del digitale, e dunque del mondo.
Per quanto sembri epocale, lo scontro sulle tasse alle importazioni verso l’America è ben poca cosa. In fondo si tratta soltanto di stabilire, entro la scadenza del 9 luglio, se i consumatori americani dovranno pagare il 10 per cento in più sui prodotti europei o magari il 50, o chissà quanto, a seconda dell’umore di Trump.
Una questione importante, certo, ma marginale rispetto allo scontro sul digitale. Il commissario europeo Mares Sefcovic che è andato a Washington per trattare sul commercio, aveva un limite preciso: poteva discutere di tutto ma non di regole digitali.
Anche le opinioni pubbliche europee più sonnacchiose vedrebbero male uno scambio di favori troppo esplicito, del tipo dazi più bassi su vini o automobili in cambio dei nostri diritti come utenti digitali o dei nostri dati.
Proprio nei giorni più caldi del negoziato sui dati, guarda caso, gli amministratori delegati di 13 grandi aziende europee – da Airbus a BNP Paribas - hanno scritto alla Commissione una lettera che chiede una pausa di due anni delle parti più invasive dell’Artificial Intelligence Act che diventa vincolante da agosto.
Ora, una pausa di due anni alle regole in un settore che cambia di giorno in giorno equivale alla richiesta alle istituzioni europee di passare dall’approccio più invasivo al mondo nella regolazione dell’intelligenza artificiale alla deregulation più completa, cioè proprio quella che chiedono le imprese americane della Silicon Valley.
Scrivono gli amministratori delegati nella lettera alla Commissione:
In qualità di rappresentanti di aziende europee profondamente impegnate nel progetto europeo e nello sviluppo di un’intelligenza artificiale affidabile e incentrata sull’uomo – che deve, naturalmente, essere soggetta a una regolamentazione semplificata e pragmatica – siamo convinti che l’Europa abbia un’opportunità unica per assumere la leadership nell’economia globale dell’IA.
Tale opportunità potrà essere colta solo se agiremo ora, con determinazione e mettendo la collaborazione al centro
Quale innovazione proteggere
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