Cose lette, viste, sentite: Come gestire l'ecoansia da Cop28
Il vertice sul clima ripropone l'ormai cronica distanza tra obiettivi impossibili e sforzi insufficienti. Breve guida per capire un dibattito sempre più sconfortante
I piani sempre più ambiziosi per la neutralità nelle emissioni si scontrano con due limiti: il costo gigantesco e l’insostenibilità democratica, nel senso che nelle nostre società non c’è il consenso per una transizione ecologica coerente con le sfide che abbiamo davanti.
Buongiorno a tutte e tutti,
come sapete in questi giorni è in corso il vertice Cop28 a Dubai, la conferenza annuale promossa dall’Onu sulle politiche per rispondere alla crisi climatica.
A sentire radio e tg, a leggere i titoli online, pare che ogni giorno ci sia un annuncio epocale, una svolta significativa.
Merito della strategia di Sultan al Jaber, il petroliere degli Emirati Arabi Uniti che ha preparato i negoziati in modo da nascondere dietro una patina di trionfalismi i suoi veri obiettivi: evitare che si arrivi a un impegno per una uscita completa dalle fonti fossili e, intanto, continuare a negoziare accordi per l’azienda petrolifera di Stato (Adnoc) che amministra.
In questo numero di Cose lette, viste e sentite, la rubrica di Appunti per le abbonate e gli abbonati - a loro sempre la mia riconoscenza per il sostegno per spronarmi a investire tempo ed energie su Appunti - vorrei provare a darvi un dizionario per sopravvivere ai giorni della Cop. O meglio, per viverli in modo consapevole.
Una bussola per orientarsi tra tecnicismi e acronimi.
Intanto però vi anticipo la mia analisi fin qui, che poi vorrei sviluppare anche con il vostro contributo a valle della Cop: secondo me dobbiamo cambiare narrazione e approccio alla crisi climatica.
Ormai è evidente che l’obiettivo di contenere entro 1,5 gradi il riscaldamento della temperatura rispetto all’età pre-industriale non sarà raggiunto.
I piani sempre più ambiziosi per la neutralità nelle emissioni si scontrano con due limiti: il costo gigantesco, reso ancora più pesante dall’aumento dei tassi di interesse, e l’insostenibilità democratica, nel senso che nelle nostre società semplicemente non c’è il consenso per una transizione ecologica coerente con le sfide che abbiamo davanti.
Dalla Francia all’Olanda alla Gran Bretagna, il “green backlash”, cioè la reazione alle politiche verdi, è ormai il carburante del nuovo populismo.
Il problema è che anche convivere con le conseguenze della crisi è complicato: il fondo da 100 miliardi all’anno per indennizzare i paesi poveri che subiscono le conseguenze peggiori si riempie a manciate di pochi milioni per volta, e ancora non funziona.
Chi soffre di ecoansia magari non ha chiari tutti i dettagli del contesto, ma è sicuramente molto più in sintonia con gli eventi che chi ancora discute se fa davvero più caldo o no.
I continui allarmi tipo “non c’è tempo da perdere” presto finiranno e saranno sostituiti dallo sconforto, diventeranno “abbiamo perso tutto il tempo che avevamo”. Ormai non c’è alternativa e bisogna cambiare discorso.
Si vede già a questa Cop28 dove il focus si sta spostando dalle rinnovabili al nucleare, che certo non è rinnovabile, costa moltissimo, ma non emette anidride carbonica.
Il mondo del business sta già cambiando toni e parole chiave, anche in Cina presto finiranno i sussidi alle auto elettriche, o arriva la tecnologia a idrogeno oppure il mercato di veicoli a basse emissioni dovrà comunque alimentarsi secondo logiche di mercato. La ricerca ha raggiunto i suoi limiti.
Anche gli ambientalisti, o semplicemente le persone consapevoli del problema, per non parlare delle grandi agenzie internazionali, dovranno cambiare registro e priorità.
La battaglia dell’accordo di Parigi del 2015 l’abbiamo persa, ora si tratta di convivere con le conseguenze e gestirle.
E adesso andiamo a spiegare concetti e parole chiave, nella parte per abbonati. Per tutti c’è sempre Le parole dell’economia, oggi alle 13.30 su Radio3 o quando volete su RaiPlay Sound. Vi segnalo anche la puntata sul clima che trovare a questo link.
Buona domenica,
Stefano
Come si risponde alla crisi climatica?
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