Cose lette, viste e sentite: JD Vance preso (molto) sul serio
Il libro de 2016 che racconta rabbia e sconfitta dei dimenticati, poi la conversione a Trump contro l'establishment, e un programma per un populismo economico quasi di sinistra: le idee del vice-Trump
Mi sono trovato di fronte alla realtà che parte del motivo per cui i conservatori anti-Trump odiavano Donald Trump era che rappresentava una minaccia a un modo di fare le cose in questo paese che è stato molto redditizio per loro
JD Vance
Buon pomeriggio a tutte e tutti,
la scelta di Donald Trump di indicare come suo vicepresidente JD Vance, senatore dell’Ohio, merita un numero speciale di Cose lette, viste e sentite.
Perché Vance è un personaggio intteressante, e perché sposta il trumpismo in un’altra dinensione, non quella della politica di protesta, o del tentato golpe permanente, ma quella di una risposta strutturale alla rabbia che ha alimentato il consenso al trumpismo.
JD Vance è un nuovo tipo di politico, il genere che la politica della rabbia può produrre, secondo le analisi che stiamo pubblicano su Appunti a partire dal libro di Carlo Invernizzi-Accetti.
Perché Vance mette al centro il racconto, l’ansia da riconoscimento delle persone arrabbiate che hanno votato prima Trump e poi lui stesso, da due anni senatore dell’Ohio.
Le politiche economiche e di sicurezza derivano da lì, non dal perseguire il bene comune secondo una definizione teorica e universale, ma dalla tutela degli interessi - percepiti - del gruppo sociale di cui il politico della rabbia si sente rappresentante.
Per cominciare a capire Vance dobbiamo partire dal suo libro, un memoir, in Italia si direbbe autofiction, forse, che è uscito nel 2016 e ha offerto a molti una prima chiave interpretativa per capire l’ascesa di Trump: Hillibilly Elegy, Elegia americana.
Qui trovate la recensione dell’epoca di Edward Luce sul Financial Times. Luce è uno dei commentatori più acuti sugli Stati Uniti.
JD Vance aveva nove mesi quando sua madre iniziò a mettere la Pepsi nel suo biberon. A dieci anni aveva accumulato 12 fratellastri. È un miracolo che sia arrivato dove è ora. Ora è un brillante laureato in legge a Yale e improvvisamente un autore di bestseller. Se il suo memoir su una crescita tra hillbillies disfunzionali fosse stato scritto un anno fa, o anche tra un anno, forse non avrebbe avuto lo stesso impatto, anche se lo avrebbe meritato.
Uscire pochi mesi prima di un'elezione presidenziale in cui il suo popolo — i bianchi scozzesi-irlandesi degli Appalachi e del Midwest — potrebbe consegnare la Casa Bianca al loro campione è stato un ottimo tempismo. È strano perché il nome di Donald Trump non appare da nessuna parte in questo libro. Eppure, ciò che rappresenta - un orgoglioso, ignorante dito medio all'élite urbana - infesta queste pagine. Questi sono il popolo di Vance. Li ama. Ma se ne vergogna anche.
Quando lo zio di Vance aveva quattro anni, fu cacciato da una farmacia per cattiva condotta. I suoi genitori — i nonni di Vance, gli improbabili eroi del libro — marciarono nel negozio e lo saccheggiarono. Il codice d'onore degli Appalachi richiede vendetta per gli insulti ai parenti di sangue. "Potevano passare da zero a omicidio in un batter d'occhio", dice Vance.
Suo padre rinunciò alla paternità quando Vance era un bambino. All'epoca, Vance pensava che fosse perché suo padre lo odiava. Si nascondeva sotto il letto per ore quando suo padre veniva a trovarlo, per paura che volesse ucciderlo. Solo più tardi Vance scoprì che questa era una storia inventata da sua madre. Lei era — e rimane — una tossicodipendente, che oscillava tra atti di amore e punizione.
Allora come ha fatto Vance a scappare? Ha servito in Iraq come marine. Poi ha studiato legge all'Ohio State University. Poi a Yale. E ora la fama. La maggior parte di quelli che ha lasciato sono in assistenza sociale o drogati. Vance ha anche acquisito la mentalità conservatrice che le persone dovrebbero assumersi la responsabilità di se stesse attraverso il duro lavoro e l'onestà, qualità che trova carenti tra gli hillbillies.
La sua visione è molto diversa dal conservatorismo di Trump, che si rivolge alla nozione hillbilly di essere stati traditi dal governo, o dalla società, o da entrambi. Sono vittime.
La novità di Trump è che alimenta una cultura della vittimizzazione tra i bianchi, proprio come i Democratici hanno fatto con gli afroamericani. Vance tiene uno specchio dolorosamente onesto all'America che non offre conforto né a sinistra né a destra. Ogni gruppo è una vittima. Nessuno si assume la responsabilità. Gli altri sono sempre da biasimare.
Il senso di Trump
In quella fase, Vance non amava Donald Trump, come ha scritto sull’Atlantic il 4 luglio del 2016, in un pezzo che oggi gli viene rinfacciato da molti Democratici:
La grande tragedia è che molti dei problemi che Trump identifica sono reali, e molte delle ferite che sfrutta richiedono un pensiero serio e azioni misurate—da parte dei governi, sì, ma anche dei leader comunitari e degli individui.
Tuttavia, finché le persone si affidano a quel rapido sollievo, ...la nazione ritarda un necessario confronto... . Trump è eroina culturale. Fa sentire meglio alcune persone per un po'. Ma non può risolvere ciò che li affligge, e un giorno se ne renderanno conto.
Però poi Vance ha cambiato idea. In una interessantissima intervista a Ross Douthat, l’unico columnist conservatore del New York Times, Vance ha argomentato in modo molto convincente quella conversione che ai critici è parsa mero opportunismo:
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