Cosa cambia con la morte del leader di Hamas? Niente
L’eliminazione del leader di Hamas Ismail Haniyeh in Iran conferma che Israele non ha un piano politico per concludere questo conflitto
Hamas non sarà eliminato, e lo Stato arabo di Palestina non vedrà la luce. Dal 7 ottobre, dunque, si bombarda, si distrugge, ci si spara, si arresta e si tortura per niente
Manlio Graziano
Se fare politica è sapere ciò che si vuole ottenere e mettere in atto una strategia per ottenerlo, allora possiamo dire che non c’è niente di politico nell’assassinio di Ismail Haniyeh, il leader di Hamas. E che non c’è niente di politico nel massacro che dura dal 7 ottobre scorso nel territorio che, geograficamente, si chiama Palestina.
Non c’è niente di politico semplicemente perché gli obiettivi dichiarati delle due parti in conflitto non possono essere raggiunti: Hamas non sarà eliminato, e lo Stato arabo di Palestina non vedrà la luce. Dal 7 ottobre, dunque, si bombarda, si distrugge, ci si spara, si arresta e si tortura per niente.
Fin dal pogrom del 7 ottobre e dalla reazione ferina di Israele, dunque, nessuno sa dove questo conflitto insensato andrà a finire, quando e se andrà a finire.
Ci sono quindi poche certezze: una è che Israele sarà più debole e più a rischio di quanto non lo fosse prima del 7 ottobre, perché la sua reazione di pura vendetta avrà contribuito ad attizzare l’odio inestinguibile della popolazione di Gaza, naturalmente, ma anche dei territori occupati e dell’intera regione.
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