Chi si dimette per lo spionaggio di Stato?
La vicenda Equalize non riguarda solo una banda di presunti criminali, ma un’azienda con troppi rapporti con l’intelligence. E qualcuno deve risponderne, o i vertici delle agenzie o il governo
Qualcuno si dovrebbe dimettere. O i capi dei nostri servizi segreti non sapevano che loro sottoposti interagivano con la banda di Equalize, o lo sapevano e approvavano. Nel primo caso si dovrebbero dimettere perché incompetenti, nel secondo perché complici. A meno che non eseguissero ordini, e allora la responsabilità è del livello politico
Uno dei problemi dei grandi scandali in Italia è che diventano presto incomprensibili: esplode la notizia della società Equalize che da Milano vendeva dossier di informazioni riservate attinte dalle banche dati più riservate della pubblica amministrazione e, nel giro di pochi giorni, la vicenda finisce nelle pagine interne dei giornali e sparisce dai telegiornali e dai talk show.
Perché dopo gli arresti, la rivelazione delle indagini, le conferenze stampa dei magistrati, tutto diventa troppo complicato per essere riassunto nei media per il grande pubblico e continuano a occuparsene soltanto gli specialisti.
Io mi sono appassionato alla storia e ho continuato a seguirla, a studiare le carte, a farmele spiegare. E ho capito che dobbiamo continuare a parlarne tutti e a pretendere chiarezza dal governo, perché la storia di Equalize non è - come scrive qualche sito - la storia di una “banda di spioni”, ma uno spionaggio sistematico di Stato. O almeno di pezzi dello Stato. E qualcuno deve risponderne, a cominciare dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, perché è a palazzo Chigi che fanno riferimento i servizi segreti.
E qui, in questa storia di banche dati e dossier, i servizi segreti c’entrano. Anzi, è proprio il coinvolgimento dei servizi segreti a dare un senso alla storia. E a renderla uno scandalo di Stato.
Le connessioni di Equalize
Nunzio Samuele Calamucci, uno dei protagonisti delle attività di Equalize, a un certo punto si vanta al telefono: “noi abbiamo la fortuna di avere clienti top in Italia.. i nostri clienti importanti ... contatti tra i servizi deviati e i servizi segreti seri ce li abbiamo, di quelli lì ti puoi fidare un po' di meno, però, li sentiamo, fanno chiacchiere, sono tutte una serie di informazioni ma dovrebbero diventare prove, siccome quando poi cresci, crei invidia, soprattutto negli stupidi…”.
Potrebbero essere millanterie, ma sono quantomeno ripetute, visto che quando Calamucci dice di dover “passare in Regione Lombardia” si riferisce agli uffici dell’Aisi, l’agenzia di spionaggio interno, che hanno sede nello stesso palazzo.
Nella richiesta di misure cautelari del pubblico ministero si legge che i soggetti al centro dell’inchiesta “godono di appoggi di alto livello, in vari ambienti, anche quello della criminalità mafiosa e quello dei servizi segreti, pure stranieri, e che spesso promettono e si vantano di poter intervenire su indagini e processi, per bloccare iniziative giudiziarie”.
Non solo, il gruppo di via Pattari 6, cioè quello di Equalize, può contare su una struttura “a grappolo”, secondo la definizione del pm, “nel senso che ogni componente del sodalizio e ogni collaboratore esterno dello stesso hanno a loro volta ulteriori contatti, nelle Forze dell'Ordine e nelle altre Pubbliche Amministrazioni, attraverso cui reperire illecitamente dati e informazioni riservate e sensibili”.
Quindi non si tratta di una banda di hacker che “buca” i sistemi dello Stato, ma di una squadra di imprenditori delle informazioni riservate che si muove con grande disinvoltura, al punto di proporre alle aziende una piattaforma per l’accesso ai propri dossier illeciti. E si muove con quella disinvoltura perché conta su coperture negli apparati di sicurezza e su una rete di contatti nelle forze dell’ordine che può fornire informazioni, riceverle e avvertire nel caso ci sia qualche problema.
In una intercettazione Calamucci dice che alla Equalize usano computer Lenovo usati che prima sono stati dell’Aise, cioè l’agenzia del controspionaggio guidata dal generale Gianni Caravelli.
L’8 febbraio 2023 un ex carabiniere del Reparto operativo speciale e con un passato nei servizi segreti Vincenzo De Marzio porta alla sede di Equalize a Milano due agenti del Mossad, il servizio segreto esterno di Israele.
Discutono di una collaborazione, gli israeliani in cambio dei servizi di Equalize offrono - come si legge nell’informativa dei carabinieri - “informazione di interesse per il cliente Eni”.
Che c’entra l’Eni? L’azienda del petrolio guidata da Claudio De Scalzi compra servizi dall’agenzia per centinaia di migliaia di euro.
Cito da un articolo di Gianni Barbacetto sul Fatto Quotidiano:
Stefano Speroni è il general counsel di Eni, il potente capo dell’ufficio legale della compagnia petrolifera, che lavora a stretto contatto con il numero uno, l’amministratore delegato Claudio Descalzi. In questa sua veste ha seguito da vicino tutte le vicende giudiziarie in cui l’azienda è stata coinvolta negli ultimi anni, dal processo per corruzione internazionale in Nigeria (finito con assoluzioni) agli scontri con il suo predecessore all’ufficio legale, Massimo Mantovani, e con l’ex avvocato esterno della compagnia, Piero Amara. Ora è indagato nell’inchiesta sulla centrale informativa guidata da Enrico Pazzali e Carmine Gallo.
Dagli atti dell’indagine risulta infatti che Speroni si sia servito a lungo dell’attività di Equalize, facendo diventare Eni un ottimo cliente.
Da un prospetto delle somme fatturate risulta che solo tra il marzo 2022 e l’ottobre 2023 Eni abbia pagato a Equalize 377.060 euro. Altri 222.500 euro sono stati pagati da Dentons, lo studio legale internazionale da cui proviene Speroni, che a Dentons ha affidato molti incarichi Eni.
Speroni trovava dei dossier sotto lo zerbino, e gli uomini di Equalize, in particolare Calamucci, gongolavano per la messa in scena così architettata:
“Speroni li trova sotto lo zerbino… Io posso vincere quasi il premio Oscar quando mi metto a fare ’ste cose”. Qual è la “pantomima” montata per Speroni? Lo spiega Calamucci: “Basta lasciare una busta nello zerbino di casa… noi abbiamo assistito un’azienda che in Italia è poco nota… c’ha un cane a sei zampe, minchia, c’avevano buste sotto gli zerbini tutti i giorni eh!”. Il riferimento è a un anonimo che Speroni dice di aver trovato la sera del 5 gennaio 2020 proprio sullo zerbino di casa, avvolto in una copia del Corriere della Sera.
Eni dice che Calamucci millanta, che i dossier sotto lo zerbino di Speroni erano fabbricati dall’ex dipendente infedele Vincenzo Armanna al centro di varie vicende giudiziarie e non da Calamucci, visto che - dice l’azienda - il rapporto con Equalize è iniziato nel 2021 e non nel 2020. Inoltre le informazioni in quei dossier erano artefatte e false. Ma di sicuro Eni si è servita di Equalize anche se, ha dichiarato, senza avere idea che ci fosse qualcosa di illecito.
Eni, va ricordato, è una delle aziende che ha più rapporti con i servizi segreti, visto il tipo di attività sensibile che svolge e i Paesi complicati in cui opera. Anzi, spesso l’Eni è più informata degli stessi servizi di intelligence. Non soltanto su quello che succede in Africa, ma anche in Italia.
In questa storia ci sono servizi segreti dappertutto, l’ex poliziotto Gallo che è uno dei soci di Equalize e il più addentro agli apparati di sicurezza, forse è stato nei servizi o forse no, sembra che nessuno possa accertarlo, e già questo è strano.
In più, come rivelato dal Fatto Quotidiano, nelle informative i carabinieri annotano che nel 2022 “si è già accertato che presso gli uffici della Equalize si sono già recati funzionari della Presidenza del Consiglio dei ministri”. Quando si parla di funzionari di palazzo Chigi si intendono servizi segreti.
A cosa serviva Equalize (davvero)
E allora arriviamo alle domande, a quello che qualcuno dovrebbe spiegare. Perché tutta questa gente del mondo intelligence si rivolge a Equalize? In fondo la società di via Pattari accedeva in modo illegale a banche dati che sono della pubblica amministrazione e alle quali possono accedere anche i servizi segreti.
Non potevano cercarsele da soli le informazioni su conti correnti, dichiarazioni dei redditi, fermi di polizia? Che bisogno c’era di esporsi al rischio di essere considerati complici di chi commette reati?
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