Chi ha mangiato gli ortaggi raccolti da Satnam Singh?
Come promesso, ho provato a scoprire dove finivano i prodotti del campo di Latina dove è morto il bracciante indiano. Ho trovato una zona grigia di silenzi e bilanci strani
Sembra che l’apparato di regole, obblighi di trasparenza contabile, rappresentanza di settore lasci abbastanza zone grigie nelle quali i tanti imprenditori agricoli come i Lovato possono muoversi e i tanti Satnam Singh lavorare e morire nell’indifferenza
Nelle campagne di Latina non ci sono soltanto lavoratori fantasma, ma anche aziende fantasma. Per chi lavorava davvero Satnam Singh? E a chi arrivavano gli ortaggi che coltivava nei campi? Attraverso quali canali sono approdati, forse, nei nostri piatti di abitanti di Roma che mangiano i prodotti dell’Agro Pontino?
Ho promesso agli ascoltatori di Prima Pagina di provare a capirlo, ma ho scoperto che la vera notizia è confrontarsi con una nebbia di informazioni, dettagli imprecisi, risposte negative. Quindi posso farvi il racconto di un tentativo, che comunque permette - credo - di scoprire qualcosa.
Sappiamo che c’entra la famiglia Lovato: Antonello Lovato è indagato dalla Procura di Latina perché ha abbandonato il povero Satnam mutilato di un braccio invece di accompagnarlo in ospedale e provare a salvarlo.
Il padre di Antonello, Renzo Lovato, è quello che alle telecamere della Rai ha parlato di “una leggerezza” da parte di Satnam. Insomma, è colpa sua, del morto.
Quindi nei campi c’erano sia Antonello che Renzo Lovato.
L’azienda si chiama Agrilovato.
Ma è davvero quella per cui lavorava Satnam? I sindacati stanno provando a capirci qualcosa, Stefano Morea con la Flai Cgil è andato sul posto, ha chiesto informazioni. Per ora circolano solo notizie frammentate: ci sarebbe una azienda titolare del terreno, un’altra che lo gestisce, rimpalli di responsabilità.
Fatto sta che sul posto c’erano i due Lovato, padre e figlio. E allora faccio una visura alla loro azienda, la Agrilovato. Trovo un bilancio così strano che proprio non riesco a capirlo.
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