Cecilia Sala ostaggio in Iran
Il regime degli ayatollah è in grave crisi e con Trump andrà peggio. Prendersela con la giornalista italiana è una mossa disperata
Quello iraniano è un regime disperato, non si salverà con la strategia degli ostaggi, ma ovviamente le considerazioni geopolitiche vengono dopo la priorità, che in questo momento è riportare in Italia Cecilia Sala, non soltanto per quello che rappresenta, ma perché è una italiana, innocente, imprigionata senza accuse e senza diritti
Cecilia Sala è la più nota giornalista di esteri della sua generazione, non ha ancora trent’anni ma si è già fatta la reputazione di una che è sempre lì dove succedono le cose. Ucraina, Gaza, Siria.
Scrive sul Foglio, cura un podcast per Chora Media che è tra i più ascoltati in Italia, le ultime puntate pubblicate sono dall’Iran. Era lì, il 19 dicembre, l’ultima volta che ha parlato con i suoi colleghi. Poi è stata arrestata e da allora si trova in isolamento nel terribile carcere di Evin, dove vengono imprigionati i dissidenti politici.
Per oltre una settimana Chora, i colleghi, la famiglia di Cecilia Sala e tutte le persone informate dei fatti hanno mantenuto il riserbo per lasciar lavorare la diplomazia, nella giornata di venerdì 27 dicembre l’ambasciatrice italiana a Teheran Paola Amadei ha visitato Cecilia Sala in carcere.
Subito dopo sia il ministero che Chora Media che il Foglio hanno dato la notizia dell’arresto e lanciato una campagna per la liberazione, segno che il momento della diplomazia discreta è finito senza ottenere grandi risultati e che adesso serve la pressione dell’opinione pubblica internazionale sul regime degli ayatollah per sperare di sbloccare qualcosa.
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