Boicottare Israele?
Molti fumettisti disertano Lucca Comics per il patrocinio dell'ambasciata israeliana. E' l'ultimo di una serie di boicottaggi, ma non tutte le ritorsioni aiutano a fermare la violenza
(Il manifesto di Lucca Comis di Asaf e Tomer Hanuka)
C’è davvero una differenza tra cancellare i seminari universitari dove si studia Dostoevskij, come è capitato a Paolo Nori, per protesta contro la guerra della Russia e disertare Lucca Comics 2023 perché l’ambasciata di Israele ha patrocinato un’edizione con due fumettisti israeliani come protagonisti?
Ai tempi dell’assurda censura retroattiva verso autori russi morti da secoli, in tanti si sono indignati di fronte a questa tendenza ad attribuire le colpe di alcuni a un intero popolo, come fosse un blocco omogeneo e immutabile attraverso il tempo.
Oggi si ripete con Israele: Asaf e Tomer Hanuka che c’entrano con le stragi a Gaza?
In una recente intervista italiana, per esempio, Asaf Hanuka (pubblicato in Italia da Bao) ha detto:
“Il dibattito politico in Israele è molto intenso. Si tratta di un dibattito acceso dove tutti prendono una posizione. Il mio punto di vista personale è che ci debba essere un compromesso territoriale fra Israele e Palestina, ma se lo dicessi semplicemente in questo modo o supportassi questa posizione nel mio lavoro verrei immediatamente etichettato e accusato di essere al servizio di un obiettivo politico. Così ho trovato un modo di parlare di questi problemi nel sottotesto della storia. Voglio usare la struttura familiare e le relazioni come una metafora della situazione politica e sociale”.
I due fumettisti hanno anche lavorato al lungometraggio Valzer con Bashir, severa e angosciosa riflessione autocritica sulle violenze israeliane sui palestinesi.
Insomma, perfino nella logica binaria del tifo che domina i social e che obnubila il cervello pure di opinionisti e artisti di solito equilibrati, i fratelli Hanuka dovrebbero essere due alleati di chi ha a cuore più i diritti umani degli abitanti di Gaza che il diritto alla vendetta di Israele.
E infatti i fratelli Hanuka danno una lezione ai loro colleghi italiani, più preoccupati di assecondare la superficialità del dibattito social che di interpretare in modo responsabile il loro ruolo di intellettuali pubblici:
“La nostra presenza a Lucca e le nostre attività rischierebbero di essere oggetto di eccessiva attenzione afferente alla questione internazionale, oscurando la dimensione artistica, che invece è stata ed è il centro del nostro percorso con questa manifestazione e il suo gruppo di lavoro”, scrivono Tomer e Asaf Hanuka. “Non ci sentiamo di spostarci da una zona di guerra vera verso una zona di conflitto mediatico. Questo interferirebbe con la felicità di incontrare tanti amici, fan e colleghi”.
A cosa ci porta l’approccio ritorsivo di Zerocalcare, Fumettibrutti, Davide Toffolo e tanti altri amici dai quali stavolta dissento? Ogni iniziativa connessa a Israele è da censurare? O solo quelle istituzionali?
Dietro questa presa di distanza sembra esserci più il desiderio di sentirsi dalla parte giusta del tifo social che una valutazione sull’impatto del proprio posizionamento pubblico.
Quello che manca in questa fase è il dialogo, non la polarizzazione.
E gli stessi che invocano la necessità delle tregue e il pragmatismo della trattativa con il nemico come alternativa all’annichilimento sono poi i primi a fare il contrario - sul campo di battaglia meno sanguinoso delle parole - di quanto predicano.
Pensate quanto sarebbe stato più efficace e utile se a Lucca gente intelligente come Zerocalcare e i fratelli Hanuka avessero discusso pubblicamente, insieme, di Israele e Gaza. E se in un evento, che godeva pure di un patrocinio gratuito dell’ambasciata israeliana, si fosse parlato di soluzioni e dialogo invece che di sangue e vendetta.
Ma no, meglio tenersi a distanza dalla complessità e sventolare la propria bandiera con l’hashtag che genera più consenso e fa perdere meno follower.
Il prossimo passo è chiedere alle librerie Feltrinelli di esporre solo autori palestinesi in vetrina e non vendere più i libri di Amos Oz e David Grossman?
Due forme di boicottaggio
Quello che gli attivisti social di questi giorni forse non sanno è che esistono da tempo due forme di boicottaggio di Israele, una che considera censurabile avere a che fare con Israele in quanto stato e progetto politico e l’altra che vuole colpire sul piano economico gli insediamenti illegali e abusivi in Cisgiordania.
Continua a leggere con una prova gratuita di 7 giorni
Iscriviti a Appunti - di Stefano Feltri per continuare a leggere questo post e ottenere 7 giorni di accesso gratuito agli archivi completi dei post.