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Trump chiede la resa incondizionata dell’Iran, una pretesa che esclude ogni negoziato e può portare alla degenerazione anche nucleare della guerra con Israele
Se, messo con le spalle al muro, l’Iran dovesse ricorrere a misure estreme tipo bombardare le strutture energetiche dei paesi vicini, chiudere lo stretto di Hormuz (cosa praticamente impossibile), o scatenare qualunque altra possibile rappresaglia, allora gli Stati Uniti sarebbero costretti a intervenire, e Donald Trump potrebbe uscire dal vicolo cieco in cui si è cacciato da solo
Manlio Graziano
L’evento
Giovedì 19 giugno a Roma la presentazione del libro Il Nemico - di Stefano Fetri (Utet)
A sei giorni dall’inizio dell’attacco israeliano all’Iran le domande continuano ad essere più numerose delle risposte: perché Israele ha attaccato? cosa vuole ottenere Israele? cosa vogliono gli Stati Uniti?
Ad esse, si aggiunge un’altra questione che trova invece fin troppe risposte: chi sono gli aggressori e chi sono gli aggrediti?
Il fronte «occidentale» – ricostituito per l’occasione (ma durato pochissimo, vista la fuga di Donald Trump dalla riunione del G7 in Canada) – sembra sapere con certezza che l’aggressore è l’Iran e che Israele non fa che difendersi; il fronte «antioccidentale» – ancora più diviso del precedente, ma non su questo punto – è altrettanto categorico sul fatto che l’aggressore è Israele e l’Iran si sta solo difendendo.
Vladimir Putin, che ogni tanto dà prova di un discreto senso dell’umorismo, ha perfino rispolverato la formula usata nel febbraio 2022 dall’allora capo della NATO Jens Stoltenberg a proposito dell’attacco russo all’Ucraina: Israele, ha fatto dire Putin ai suoi propagandisti, avrebbe compiuto un’aggressione «ingiustificata e non provocata».
Questo è uno di quei casi in cui il cosiddetto diritto internazionale si trova in un vicolo cieco – o meglio: in cui il diritto internazionale dimostra di esistere solo in quanto strumento di potenza degli uni e degli altri.
I giuristi politici trovano pane per i loro denti: se si considera l’Iran come una potenza minacciosa fin dalla nascita del regime teocratico nel 1979, allora Israele ha ragione e non fa altro che difendersi; se invece si prende in considerazione il fatto che Teheran stava conducendo non da mesi ma da anni negoziati sulla questione del nucleare, allora Israele diventa l’aggressore e l’Iran l’aggredito.
Insomma, le domande sono numerose, e chi afferma di avere risposte certe o è già schierato da una parte o dall’altra, oppure si sta schierando.
Gli interessi in campo
Cosa vuole Israele? Non è dato di saperlo con precisione, perché nei primi tre giorni del conflitto il governo ha fornito tre giustificazioni diverse: il primo giorno era la necessità di distruggere il potenziale nucleare dell’Iran; l’indomani, era la necessità di distruggere, oltre al nucleare, anche tutto il potenziale militare a cominciare da quello missilistico; e il terzo giorno, l’obiettivo più o meno esplicito è diventato il regime change cioè la volontà di far fuori l’attuale leadership politica degli ayatollah, e addirittura l’appello alla popolazione che si sta bombardando perché se ne faccia carico.
Cosa vogliono gli Stati Uniti? Qui, il mistero s’infittisce.
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