Appunti di Geopolitica, episodio 1: Ordine e disordine
Una nuova serie di podcast con Manlio Graziano per capire quello che succede in un mondo sempre più complicato grazie agli strumenti dell'analisi geopolitica
Nei rapporti internazionali, nella politica internazionale, tutti i paesi si muovono come placche tettoniche, con movimenti molto lenti. Ma in certi momenti la dinamica delle placche tettoniche provoca accelerazioni e in altri provoca terremoti: le guerre
Manlio Graziano
Buongiorno,
come vi avevo promesso, torna il podcast Appunti, ma in un nuovo formato che spero incontri il vostro interesse.
Molte abbonate e abbonati hanno chiesto che Appunti aiuti a orientarsi in un mondo sempre più complesso senza aggiungere altro rumore di fondo. Dunque, senza produrre continui aggiornamenti e senza inseguire il flusso di news della giornata, ma con l’offerta di strumenti di comprensione.
In questo spirito ho pensato di adattare un po’ il podcast Appunti e la sua declinazione testuale qui sulla newsletter.
Inizia con questo primo episodio un ciclo di quattro puntate di Appunti di Geopolitica: con Manlio Graziano seguiamo il filo del ragionamento sviluppato nel nuovo libro di Manlio Disordine mondiale, in uscita il 23 gennaio per Mondadori.
Partiamo dalla pace di Vestfalia del 1648 con la nascita dell’idea di Stato moderno, per esplorare la grande tensione al centro delle relazioni internazionali e, più in generale, della politica: ogni Stato che è in condizione di farlo, cerca di conquistare il ruolo di potenza egemonica, ma quando ci riesce mette le basi per la propria caduta, cioè per essere sostituito da un nuovo egemone che a sua volta seguirà la stessa traiettoria.
La geopolitica è la disciplina analitica che permette di seguire questo pendolo tra ordine e disordine, capire in quale momento della sua oscillazione ci troviamo e adottare così i comportamenti coerenti con la minimizzazione del danno. Senza essere velleitari, senza condannarsi alla sconfitta.
In queste puntate non troverete il commento all’attualità, a volte vi sembrerà che prenderemo la discussione un po’ alla lontana, ma se seguite il ragionamento vi accorgerete che per capire le tensioni tra Cina e Taiwan, la guerra di Gaza, le mosse di Vladimir Putin sull’Ucraina bisogna infilare gli occhiali giusti, quelli che consentono di vedere le trame profonde, le leggi quasi universali che incrociano la storia con la filosofia e con la strategia.
Ogni puntata del podcast è accompagnata da un numero della newsletter Appunti che contiene una versione condensata ed editata della conversazione tra Manlio Graziano e me, per consentire anche a chi non ha tempo di ascoltare il podcast di farsi un’idea, e permettere a chi ha ascoltato di ritrovare e fissare meglio i concetti fondamentali.
Il podcast è per tutti, la versione scritta per abbonate e abbonati, come ringraziamento per il loro sostegno. A tutti raccomando il libro di Manlio, Disordine mondiale, che presenteremo a Roma il 15 febbraio (a breve i dettagli).
La geopolitica è molto di moda, e quindi attrae esperti e presunti tali che spesso promettono quello che non possono mantenere, cioè di prevedere il futuro, o di leggere nella mente di dittatori o addirittura di interi popoli.
Manlio Graziano, invece, è persona seria, come ormai sanno i lettori di Appunti che ne apprezzano le analisi. Ci offre strumenti di comprensione, non profezie o divagazioni pseudo sociologiche.
Nell’invitarvi di nuovo all’ascolto e alla lettura di Appunti di Geopolitica, vi chiedo anche di riflettere - e poi di farmi sapere - se alla fine del ciclo volete che in qualche modo continui: o con altri appuntamenti tra me e Manlio a tema geopolitico, o con altri cicli tematici dedicati ad altri argomenti, con interlocutori che cambiano di volta in volta.
Questo progetto di Appunti di Geopolitica è il primo ad avvalersi di un supporto redazionale che si aggiunge al mio lavoro: Carmelo Rosa si occupa dell’editing della puntata, sia in audio che in versione testuale. E la famiglia di Appunti inizia, con grande cautela, a espandersi un po’.
Buon weekend,
Stefano Feltri
Manlio Graziano vive a Parigi, dove insegna Geopolitica e Geopolitica delle religioni alla Paris School of International Affairs di SciencesPo e alla Sorbona. Dirige il Nicholas Spykman International Center for Geopolitical Analysis, scrive su «Limes», «Gnosis» e il «Corriere della Sera» e collabora regolarmente con «International Affairs Forum». Il suo ultimo libro è Disordine mondiale (Mondadori) che è diventato lo spunto per la serie di podcast Appunti di Geopolitica.
Puntata 1 - Vestfalia e il passaggio dall’ordine al disordine
Manlio Graziano, cerchiamo di ricostruire questo ordine e disordine mondiale fin dal primo momento della nostra Storia recente in cui si possono osservare dinamiche analoghe a quelle che vediamo oggi. Partiamo dalla pace di Vestfalia del 1648, anche se nel tuo libro dici che il principio del cuius regio, eius religio si era già affermato prima.
Il principio del cuius regio eius religio, cioè quello secondo cui ogni principe è autorizzato ad imporre la propria religione sulla propria regione, e quindi che gli altri principi non devono interferire, era stato già affermato quasi un secolo prima, nella pace di Augusta. Però allora non aveva funzionato, perché non c’era stato quello che invece ci sarà nel momento dei Trattati di Vestfalia: un paese, o comunque una regione, completamente distrutto, e un paese vincitore di una grande guerra all’ultimo sangue.
I Trattati di Vestfalia arrivano alla fine della Guerra dei Trent’anni, che comincia nel 1618 con un colpo di Stato a Praga. I francesi danno il momentaneo colpo di grazia ai tedeschi: quel conflitto che non arriva a conclusione nel Cinquecento, riprende nel Seicento fino al 1648 quando si ha la vittoria della Francia sul mondo tedesco in generale. La Francia ha l’obiettivo di evitare una unificazione o comunque una semplificazione del mondo tedesco.
All’epoca c’erano più di 350 Stati tedeschi e la Francia, Stato unificato all’epoca da più di un secolo, si espandeva verso Est.
La Francia aveva un doppio interesse: il primo, di conquistare più territori tedeschi possibile, il secondo quello di impedire a quegli Stati di coalizzarsi tra di loro per diventare a loro volta una minaccia per la Francia.
Alla fine di questa guerra il principio già stabilito alla pace di Augusta, il cuius regio eius religio, viene riproposto ma con la differenza che ora può essere applicato perché c’è un paese che ha vinto in maniera chiara ed inequivocabile la guerra e quindi è nella condizione di poter imporre la sua visione e “mantenere l’ordine”, per dirla con la formula che percorre tutto il libro.
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