Alberto Trentini: una feritoia
La telefonata del cooperante italiano prigioniero in Venezuela dopo mesi di silenzio è un primo segnale di speranza. Ma non è certo finita
Il ringraziamento di Roma a Caracas dopo la telefonata è un modo per mantenere aperto il dialogo tra i due Paesi. Soprattutto in vista degli interessi comuni che legano l'Italia al Venezuela, dove risiedono
Estefano Tamburrini
Partiamo dai fatti: l'altra notte è squillato il telefono di casa Trentini. Era la voce di Alberto, che finalmente ha chiamato a casa sua, a Lido Venezia: sta bene, e non vede l'ora di tornare in Italia.
La notizia è stata diffusa ieri da Repubblica, con una nota di ringraziamento al governo venezuelano da parte del viceministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Edmondo Cirielli.
"A nome del governo italiano, esprimo sollievo per la prima telefonata di Alberto Trentini ai suoi familiari dopo 181 giorni di detenzione nelle carceri venezuelane. Questo passo in avanti è frutto di un lungo lavoro di mediazione diplomatica".
E ancora:
"Ringrazio nuovamente Nicolas Maduro per l’interessamento e auspico che si possa giungere a una rapida scarcerazione del connazionale".
Il ringraziamento di Roma a Caracas è un modo per mantenere aperto il dialogo tra i due Paesi. Soprattutto in vista degli interessi comuni che legano l'Italia al Venezuela, dove risiedono.
Una dichiarazione analoga è stata fatta anche dopo il rilascio dell'imprenditore italo-venezuelano di 67 anni Alfredo Schiavo, riportato a casa dopo cinque anni di prigionia nel carcere di massima sicurezza dell'"Helicoide", di Plaza Venezuela, a Caracas, dopo la mediazione della Comunità di Sant'Egidio.
La chiamata di Alberto e la posizione del governo italiano servono anche a far chiarezza in mezzo alla confusione delle lingue che negli ultimi mesi si è generata intorno al caso Trentini.
Accade spesso in questi drammi che al silenzio ufficiale si avvicendino voci e notizie false sia da Caracas che da Roma. E a farle girare sono sempre faccendieri in cerca di soldi, prestigio od opportunità di far carriera sulla vicenda. Prima o poi quei nomi andrebbero fatti, ora però l'importante è riportare a casa Alberto.
La chiamata non è poi un evento isolato, ma frutto di una lunga mediazione che ha coinvolto Roma, l'avvocata Alessandra Ballerini, che segue il caso sin dall'inizio. Anche la Chiesa locale segue la vicenda, mantenendo però la riservatezza necessaria nella gestione di trattative in cui ci sono vite di mezzo.
Ma in realtà la vicenda è molto più ampia: Trentini non è stato l'unico a chiamare a casa, ma a quasi tutti gli stranieri reclusi a El Rodeo I a seguito delle tensioni post elettorali del 2024 è stato permesso di sentire i propri cari.
Nessuna conversione sulle vie di Caracas, ma la semplice volontà, da parte di Maduro, di risolvere, almeno in parte, gli intrighi internazionali che tormentano il Venezuela.
L’agenda di Maduro
Il primo dossier riguarda il ritorno dei migranti deportati dagli Usa in El Salvador, al Centro de confinamiento del terrorismo (Cecot) che il Palazzo di Miraflores vorrebbe far tornare in cambio di altrettanti prigionieri politici ancora reclusi nel Paese, tra cui i sessanta cittadini stranieri dietro le sbarre.
La trattativa è in corso, nonostante un primo scambio difficile tra Caracas e Washington, con alcuni passi avanti compiuti da entrambe le parti.
Poi c'è anche la necessità del governo venezuelano di uscire dall'isolamento in cui si trova da molto tempo, cercando - per quanto possibile - una normalizzazione dei rapporti con l'Occidente. Soprattutto dopo l'ulteriore stretta dell'amministrazione Donald Trump sul petrolio venezuelano, che ha messo in ginocchio il Paese generando perdite che ammontano a quasi un miliardo di euro.
Per farci un'idea sulla situazione attuale dei prigionieri politici: ricordiamo che secondo l'Ong Foro Penal i detenuti politici ancora reclusi nel Paese sono quasi novecento.
Il tema è stato messo in evidenza anche dalla Missione indipendente dell'Onu nel Paese, che ha chiesto la liberazione - senza condizioni - di tutte le persone detenute arbitrariamente nel Paese.
L'Alto commissario per i Diritti umani nel Paese ha inoltre chiesto alle autorità venezuelane di «adottare tutte le misure necessarie per tutelare la vita e l'integrità personale di tutte le persone sotto la loro custodia e degli attivisti per i Diritti umani.
Tornando a Lido Venezia, il merito della possibile distensione sul caso Trentini è anche merito della mobilitazione apolitica, nata dalla società civile, del digiuno a staffetta al quale hanno aderito circa 2mila persone.
Gesto di spiritualità che ha richiamato l'attenzione anche del mondo cattolico, contando già in un primo momento sull'adesione del patriarca di Venezia, Francesco Moraglia, e del fondatore di Libera e Gruppo Abele don Luigi Ciotti.
D'altro canto la petizione su Change.org ha già raccolto più di 105.411 firme È sempre possibile aderire all'iniziativa a questo link
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