A cosa serve la libertà di opinione e di parola
Quando limitiamo il pluralismo dell’informazione, ci perdiamo sia nel caso in cui l’opinione non rappresentata sia vera sia in quello in cui sia falsa. Gli argomenti di John Stuart Mill
John Stuart Mill sostiene che la censura danneggia l’intera umanità (presente e futura) sia nel caso l’opinione censurata sia vera che in quello in cui l’opinione sia falsa
Filippo Riscica
Lo scrittore Antonio Scurati vrebbe dovuto leggere un testo sul fascismo alla vigilia del 25 aprile. Intorno a questo caso, si è molto discusso (ne ha parlato anche il Financial Times) e naturalmente la discussione ha coinvolto la libertà di parola e il pluralismo dell’informazione.
Indipendentemente dalla ricostruzione dei fatti, che non mi compete, questo episodio mi ha fatto riflettere sulla questione di principio. In generale, quando limitiamo il pluralismo dell’informazione e la libertà di parola, cosa perdiamo?
A difesa del pluralismo dell’informazione e della libertà di parola si avanza spesso il diritto di ogni cittadino a esprimere le proprie idee e a veder queste idee rappresentate nel dibattito politico. Dunque, limitare il pluralismo e la libertà di parola sarebbe una questione di diritto.
Tuttavia, il diritto è una questione di norme e di valori. Non ci dice niente, di per sé, rispetto al miglioramento o al peggioramento di una condizione.
Qui, vorrei presentare un argomento classico del liberalismo europeo. Un argomento che difende il pluralismo delle opinioni e la libertà di parola sulla base di considerazioni non immediatamente di valore e che non mi sembra frequentemente ricordato nella sfera pubblica italiana.
John Stuart Mill pubblicò nel 1859 un saggio intitolato On Liberty (Sulla libertà). On Liberty è uno dei testi fondamentali del liberalismo europeo, che è quell’insieme di dottrine e teorie politiche secondo le quali l’individuo è naturalmente libero e questa libertà deve essere tutelata (in modi da definire) dallo Stato.
In molti modi, la società in cui viviamo è una società liberale, in cui agli individui che la compongono (i cittadini) sono garantite delle libertà (di parola, di partecipazione politica, di proprietà) e all’interno di queste, lo stato non ha generalmente alcun potere coercitivo. Ossia, non può esercitare (in ultima istanza) l’uso della forza per farci o non farci fare cose senza il nostro consenso.
Il saggio di Mill è diviso in tre capitoli principali (a cui si aggiungono una introduzione e un capitolo di applicazioni). Sicuramente non a caso, il primo capitolo è dedicato alla difesa della libertà di parola e di opinione. L’aspetto più interessante è che Mill si preoccupa di difendere la libertà di parola e di opinione sulla base di considerazioni epistemiche.
Chi ha letto il mio precedente pezzo ricorderà che il modo in cui uso la parola epistemico riguarda le nostre opinioni e conoscenze e il modo in cui le acquisiamo. Grossomodo, una attività epistemicamente buona è una attività che ci porta a migliorare le nostre opinioni, a renderle più accurate, ad acquisire nuove informazioni sul mondo.
Un’attività epistemicamente negativa è, invece, un’attività che ci porta a credere cose false.
Difendere la libertà di parola sulla base di considerazioni epistemiche è, dunque, una cosa diversa dalla difesa sulla base del diritto o su considerazioni etiche. Questo perché una difesa epistemica della libertà di parola sarà basata sull’idea che la difesa di questa libertà ci porti a migliorare la nostra conoscenza del mondo.
Inoltre, siccome la nostra capacità di agire è legata alla nostra conoscenza, migliorando la conoscenza, miglioriamo (in un senso non necessariamente morale) anche le nostre azioni.
Soprattutto, le considerazioni epistemiche sono un tipo di difesa che dovrebbe essere accolta anche da chi non condivide i nostri valori perché si basa sull’utilità della libertà di parola e di opinione.
In sintesi, e prima di entrare nei dettagli, garantire la libertà di parola e di opinione è utile (oltre che giusto) per gli individui e la società.
Se riduciamo opinioni importanti a pura formula rischiamo di rimanere vittime di chi sarà in grado ci presentare argomenti scorretti ma persuasivi
Uno contro tutti
Il saggio di Mill inizia con quello che potremmo definire un esperimento mentale. Mill considera un caso in cui tutta l’umanità sia concorde su di una opinione e solamente una persona al mondo abbia un’opinione contraria. Sarebbe giusto che l’umanità intera silenziasse quest’unica persona in disaccordo?
Secondo Mill la risposta è che l’umanità non avrebbe la legittimità di silenziare questa unica persona. Fin qui, il punto di Mill è in linea con un argomento di tipo etico-morale.
L’argomento molto originale che Mill porta avanti è basato sull’idea che privare qualcuno della libertà di opinione e di parola, anche in un caso estremo in cui solo una persona al mondo sostenga l’opinione contraria, è un atto che danneggia tutti: la persona silenziata, quelli che l’hanno censurata, e anche le generazioni future.
Questa conclusione, di per sé già molto interessante, è supportata da un argomento epistemico. Infatti, Mill sostiene che la censura danneggia l’intera umanità (presente e futura) sia nel caso l’opinione censurata sia vera che in quello in cui l’opinione sia falsa.
Se l’opinione soppressa è vera, le persone perderanno l’opportunità di cambiare le loro opinioni false con l’opinione vera. Se, invece, è falsa, perderanno l’opportunità di avere un ulteriore elemento di conferma della loro opinione.
Argomenti epistemici
Come abbiamo appena visto, l’argomento di Mill è basato su due casi: quello in cui l’opinione silenziata è vera e quello in cui questa è falsa. Probabilmente tutti noi troviamo il primo caso intuitivo, mentre il secondo meno. Partiamo quindi da questo.
Partiamo dal caso più forte. Quello in cui si abbia assoluta certezza di conoscere qualcosa. Per esempio, che la terra non è piatta. Ora, immulemaginiamo che la società voglia silenziare chi crede che la terra sia piatta.
Questa credenza èfr assurda alla luce di tutto quello che conosciamo. Non sembra, dunque, che possiamo mai migliorare la nostra conoscenza del mondo permettendo alle persone di sostenerla. Però, Mill suggerisce un argomento interessante per difendere su basi epistemiche la libertà di chi professa opinioni palesemente false.
Mill fa notare che noi non dobbiamo ambire solamente ad avere opinioni vere. Dobbiamo essere in grado di articolare le ragioni per le quali siamo disposti a pensare che qualcosa sia indubitabile e, secondo Mill, l’unico modo che abbiamo per assicurarci di saper articolare le ragioni è rispondere alle obiezioni che ci vengono poste.
Quindi, assicurare che chi professa opinioni palesemente false sia libero di farlo ci arricchisce epistemicamente di una maggiore consapevolezza delle nostre ragioni.
Mill aggiunge a questo un altro argomento. Quando noi rispondiamo a critiche rivolte alle nostre opinioni ed esercitiamo le nostre ragioni in supporto alle nostre opinioni, evitiamo di credere dogmaticamente. Ossia, senza ragioni.
Però, una opinione dogmatica è anche una opinione ridotta a pura formula e se riduciamo opinioni importanti a pure formule rischiamo di rimanere vittime di chi sarà in grado ci presentare argomenti scorretti ma persuasivi.
Dunque, possiamo concludere che, ispirandoci all’argomento di Mill, anche nel caso in cui si tratti di opinioni assolutamente certe, è epistemicamente buono consentire opinioni palesemente false, perché vogliamo tutelarci dal rendere le nostre opinioni pure formule.
Questi argomenti diventano ancora più forti nel caso in cui si tratti di opinioni che godono di largo consenso e che sono sostenute da buone ragioni, ma che non sono indubitabili. In questo caso, limitare la libertà di opinione vuol dire negare la nostra fallibilità.
Dopotutto, nella storia abbondano i casi di opinioni che sono state ritenute ragionevolmente fondate, ma che si sono rivelate false.
Difesa di un diritto e applicazioni
Sebbene Mill abbia fornito buoni argomenti epistemici sulla libertà di opinione e di parola, non ha affrontato un tema cruciale: come possiamo applicare questo principio, garantendo al contempo che non ci sia chi approfitta della libertà concessa e, sfruttando per esempio un grande potere economico e politico, cerchi di influenzare l’opinione pubblica diffondendo falsità?
Un punto cruciale della difesa epistemica della libertà di parola è che questa si applica a persone sincere. Nel caso in cui qualcuno dica cose ingannevoli e lo faccia intenzionalmente, gli argomenti portati avanti da Mill non si applicano.
Inoltre, per il fatto stesso che la persona avanza intenzionalmente tesi ingannevoli, sembra ci siano spazi per ritenere che in linea di principio (ossia, indipendentemente dagli assetti giuridici reali) la libertà di parola e di opinione non si applica. In quanto, ciò che è difeso è il diritto di dire e credere sinceramente.
In fine, voglio cercare di rispondere alla domanda che ho posto all’inizio: cosa perdiamo quando limitiamo il pluralismo dell’informazione?
A questa domanda si applicano considerazioni simili a quelle avanzate da Mill per il diritto del singolo alla libertà di opinione.
Quando limitiamo il pluralismo dell’informazione, perdiamo sia nel caso in cui l’opinione non rappresentata sia vera sia in quello in cui sia falsa. Le ragioni sono analoghe a quello portate da Mill.
Nel caso in cui l’opinione risultasse falsa, abbiamo perso l’occasione per riflettere nuovamente su ciò che crediamo e perché. Questo è particolarmente rilevante nella sfera politica, in cui due cose sottolineate da Mill sono particolarmente pressanti.
La prima è che è molto difficile sostenere di avere opinioni indubitabilmente vere. La seconda è che è molto facile, in assenza di un costante esercizio delle ragioni, cadere nella trappola del dogmatismo. Ossia, delle opinioni credute senza buone ragioni, perché sono state sentite e ripetute, e non vagliate dalla ragione.
Tuttavia, la difesa di un principio di diritto è solo una parte. A questa difesa si aggiunge il problema della sua applicazione. Su questa applicazione si svolgono le lotte politiche, anche quando il diritto sembra difendere e sancire un principio.
Nel caso della libertà di opinione e di parola le zone grigie sono molte e necessitano di specifiche giustificazioni.
Per esempio, la difesa epistemica del diritto di opinione e di parola non giustifica che si debba dare equo spazio a tesi che non sono supportate in nessun modo da evidenze e a tesi che lo sono.
Inoltre, non ci porta a sostenere che a tesi palesemente false o non supportate da evidenze si debba dare lo stesso credito che dobbiamo dare a tesi supportate da evidenze.
Piuttosto, ci invita a ricordare che in moltissimi casi siamo fallibili e che confrontarci razionalmente con tesi diverse dalle nostre, anche se dovessero risultare false, è epistemicamente vantaggioso.
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A mio avviso nell'articolo non si fa chiarezza su tre aspetti diversi: 1) l'opinione dovrebbe essere la valutazione di un fatto da non confondere con la esposizione di un fatto: la forma della Terra è una questione scientifica e come tale non è secondo me una opinione. Per cui qui il punto è che chi espone un presunto fatto scientifico è chiamato ad accompagnarlo con prove e testmonianze 2) l'opinione quando investe gli aspetti morali deve essere totalmente libera oppure avere dei paletti? Qui probabilmente il punto è il contesto in cui si esprime la opinione. Se una persona esprime opinione di apprezzamento per il genocidio di un popolo, forse non è la stessa cosa se esprime la opinione al bar con un amico oppure se è un leader politico che esprime la stessa opinione a reti televisive unificate 3) siccome le opinioni possono influire sui pensieri e le azioni delle altre persone, ci devono essere regole per gli adulti nei confronti dei minori oppure qualunque opinione può essere veicolata verso i minori? Ovviamente in tutti e tre i casi piuttosto che una censura di carattere poliziesco, credo che le democrazie liberali debbano prevedere codici di comportamento che se non rispettati portino a sanzioni. La libertà di opinione personale è importantissima ma in una società la propria libertà deve tenere conto degli altri. L'equilibrio tra "libertà individuale assoluta" e "cancel culture per non offendere nessuno" è complicato e difficilmente formalizzabile una volta per tutte, ma è quanto ognuno di noi dovrebbe ricercare.
->"Ora, immulemaginiamo che la società voglia silenziare chi crede che la terra sia piatta." Credo sia uscita male questa frase..
A me non è chiaro perché gli autori debbano essere sinceri.
Si parla di opinioni vere o false e della loro utilità per gli altri.
Se la tua opinione è vera rappresenta per me che ne ho una falsa un'occasione per correggermi a prescindere che tu sia sincero o meno.
Se la tua opinione è falsa rappresenta per me un'occasione per confrontarmi con delle obiezioni e approfondire la comprensione e la capacità di sostenere la mia opinione vera a prescindere che tu sia sincero.
Se tu non sei sincero tu non cambierai idea di fronte a una buona argomentazione e peggio per te, ma per gli altri non è così importante sapere se nel tuo cuore credi a quello che dici o meno.
Immagina che la tesi A sia vera, e immagina che io la sostenga insinceramente, per pressione sociale, convenienza politica, interesse economico, etc.. probabilmente sarò poco efficace nel sostenerla, d'accordo, ma per quel po' che la sostengo resta vera e resta un'occasione di incontrare un'opinione vera per chi ne ha una falsa.
Adesso immagina di fare una inchiesta su di me e dimostrare la mia insincerità, i miei conflitti di interesse, etc..
Ecco letteralmente nulla di ciò che potrai trovare su di me potrà rendere falsa quella tesi, perché la sua verità o falsità sta in sé stessa e prescinde da chi sono io. Io potrei essere un serial killer, una spia del kgb, un pazzo e se la tesi è vera resta vera.
Tante volte per screditare una tesi si usa cercare di screditare il suo autore, ma in definitiva bisogna confrontarsi nel merito.
Tante volte ad esempio si pensa che basti rivelare la posizione da cui uno parla, basti sottolineare che appartiene a un cero censo, una certa classe, un certo gruppo demografico, che lavora in un certo settore, che riceve finanziamenti da questo o da quello, che è collegato a un certo partito, etc.. per assumere che quello che sostiene sia falso. Il ragionamento diventa: ha un interesse a sostenere quel che sostiene, dunque non lo sostiene sinceramente, dunque è falso. Che è uno sragionamento: posso avere un interesse ed essere sincero, posso non essere sincero e dire una cosa vera.
Pensa di eliminare gli autori e lasciare solo le opinioni, di non sapere e non poter mai sapere nulla degli autori, di non poter collegare in alcun modo opinioni e autori. Alcune saranno state espresse da autori sinceri, altre no. Dunque? Non saranno indistinguibili e ai fini del discorso di Mill tutte epistemologicamente utili?
Ovviamente stiamo lasciando da parte il fatto che verità e falsità, sincerità e insincerità non sono chiaramente distinti e separati nella maggior parte dei casi, ma tra loro intersecate, e che spesso quando censuriamo non censuriamo tesi e opinioni chiaramente, indiscutibilmente e interamente false (che sono quelle che ha meno senso censurare perché se sono così evidentemente false, saranno per definizione meno influenti e più facili da controbattere) e che nel scegliere cosa censurare non rientrano solo considerazioni sulla verità o falsità, perché censuriamo informazioni vere e opinioni qualificate se ci sembrano pericolose e non censuriamo informazioni false e opinioni assurde se ci sembrano innocue.