Tra la peste e il colera
ANALISI DEL VOTO/2 La vittoria delle sinistre è un'illusione prodotta dal sistema elettorale francese. Macron ha perso la sua scommessa: il Paese è ingovernabile e la destra punta all'Eliseo nel 2027
Al di là dello stesso presidente Emmanuel Macron, nessuno sa ancora perché il parlamento sia stato sciolto; quello che però è sotto gli occhi di tutti, oggi, è che la scommessa, qualunque fosse, è stata persa
Manlio Graziano
Non avere incompetenti al governo – a maggior ragione se xenofobi e razzisti – è meglio che averceli. Con questa ovvietà, si esauriscono le considerazioni positive sul secondo turno delle elezioni legislative in Francia. Dopodiché, bisogna passare alla realtà, tutt’altro che incoraggiante.
Per servirsi di due formule anglosassoni usate nei momenti di difficoltà, il problema più serio per la Francia oggi è che il paese si ritrova con un presidente lame duck (anatra zoppa) e con un hung parliament (parlamento appeso – o impiccato – quando non c’è una maggioranza).
È raro che le due cose accadano contemporaneamente, ma la cosa è ancora più grave per la Francia, la cui Costituzione è stata disegnata proprio per avere sempre un presidente saldo sulle sue gambe e un parlamento con una maggioranza ben definita.
I risultati delle elezioni provano, semmai ce ne fosse ancora bisogno, che le Costituzioni sono dei guard-rail teorici, e quindi fragili, e nuove circostanze le possono sopprimere, aggirare o vanificare.
Anzi: la Costituzione della Quinta Repubblica si è trasformata oggi in un ostacolo. Proprio perché concepita per esprimere maggioranze chiare, ha disabituato i partiti alla logica delle trattative e delle coalizioni.
In Francia, si può fare una coalizione contro, come è stato per il secondo turno del 7 luglio, ma non una coalizione per.
Le «coalizioni contro» durano fino al momento in cui il nemico comune vince o perde; un minuto dopo, letteralmente, sono morte. Il capo della sinistra populista, Jean-Luc Mélenchon, era già su tutti gli schermi alle 20:01, con un discorso scritto in cui affermava che la sua vittoria era la sconfitta di Macron, fingendo di ignorare che il suo partito ha perso solo tre seggi rispetto a due anni fa anche grazie ai voti degli elettori di Macron.
La vittoria del fronte delle sinistre, infatti, è un’illusione ottica: non solo perché in una settimana è riuscito a perdere due milioni di voti, ma anche perché, in molti casi, chi l’ha votata non l’ha fatto per convinzione ma per scelta obbligata («turandosi il naso», avrebbe detto Montanelli), con lo scopo immediato di impedire la vittoria dell’estrema destra.
Ricordiamo che il meccanismo dei due turni fa sì che molti siano costretti a votare per un partito o un insieme di partiti che magari detestano, ma meno di quanto detestino gli altri. La settimana scorsa circolava uno slogan assai popolare: scegliere tra la peste e il colera; e la scelta è stata fatta.
Al di là dello stesso presidente Emmanuel Macron Macron e, forse, dei suoi più stretti collaboratori, nessuno sa ancora perché il parlamento sia stato sciolto; quello che però è sotto gli occhi di tutti, oggi, è che la scommessa, qualunque fosse, è stata persa.
L’azzardo di Macron è riuscito?
Secondo un’ipotesi, ricordiamolo, il presidente era cosciente che non sarebbe sopravvissuto a una legge finanziaria necessariamente draconiana, visto lo stato delle casse del paese, e quindi sperava di ottenere un mandato popolare sufficiente per farla passare senza ricorrere a discutibili espedienti istituzionali.
Continua a leggere con una prova gratuita di 7 giorni
Iscriviti a Appunti - di Stefano Feltri per continuare a leggere questo post e ottenere 7 giorni di accesso gratuito agli archivi completi dei post.