Sui soldi del Pnrr chi ha ragione tra Conte e Gentiloni?
Il commissario europeo dice che la quota dell'Italia è stata stabilita da un "algoritmo". Il leader dei Cinque stelle che è il risultato dei suoi sforzi negoziali
La vera lezione di questa storia è che l’Europa, nel dibattito politico italiano, viene solo usata come argomento di politica interna e che tutti i governi considerano il massimo vanto quello di poter raccontare la storia di quando hanno battuto i soliti pugni sul tavolo e sono tornati a casa con una montagna di soldi da sperperare in modi tipicamente italiani
Chi ha ragione tra Giuseppe Conte e Paolo Gentiloni? Di chi è il merito degli oltre 200 miliardi che l’Italia ha ricevuto dall’Unione europea con il piano Next Generation EU e che finanziano il Pnrr?
Poiché è l’unico - fugace - momento in cui si parla di qualcosa di europeo in una campagna elettorale per le elezioni europee, vale la pena occuparsi di questa altrimenti sterile polemica.
In sintesi: Paolo Gentiloni, ormai al termine del suo mandato da Commissario europeo agli Affari economici e monetari, ha dato una intervista al giornalista del Corriere Paolo Valentino, per il libro Nelle vene di Bruxelles (Solferino).
La frase che suscita attenzione è questa, relativa a come sono state ripartite tra paesi le quote dei 750 miliardi del Recovery Plan:
“Parlo delle quote di finanziamento assegnate ai diversi Paesi. Non sono state negoziate dai capi di governo.
Sono state ricavate da un algoritmo che è stato tra l'altro ideato e definito da due direttori generali (entrambi olandesi). C’è un po’ di retorica italiana sul fatto che abbiamo conquistato un sacco di soldi. Non è vero.
L’Italia è il settimo Paese in termini di rapporto tra soldi ricevuti e Pil. Ci sono altri che in termini relativi hanno portato a casa molto di più, dalla Spagna alla Croazia. Sempre grazie all'algoritmo”.
La politica italiana non ha mai capito molto bene come funziona in Pnrr e non ha la più vaga idea di cosa sia un algoritmo (tradotto: una formula matematica, un’equazione che in base a certi parametri restituisce un risultato). Quindi scoppia la polemica. Che si può riassumere così: Giuseppe Conte, premier tra 2019 e 2021, non ha alcun merito nell’assegnazione all’Italia dei fondi del Pnrr, il merito è della Commissione, dunque di Gentiloni.
Sintesi estrema da campagna elettorale: il Pnrr è merito del Pd e non dei Cinque stelle.
Il dibattito si potrebbe anche chiudere dicendo che entrambi i partiti hanno ideato e votato il Superbonus che ha aperto nei conti pubblici una voragine superiore all’importo del Pnrr e dunque potrebbero stare zitti e sotterrarsi.
Invece Conte, oltre a difendere il Superbonus con la sicumera dell’avvocato che non ha idea di come funzioni la macroeconomia, in una intervista al Corriere rivendica i propri meriti:
“L’algoritmo fu applicato soltanto alla fine, quando si trattò di trovare un criterio di distribuzione tra i paesi Ue, ma nei mesi precedenti la battaglia fu durissima, si trattò di costruire un fronte comune con Spagna e Portogallo, poi allargato alla Francia. E di contrastare i Paesi frugali con la Germania e l’Olanda in testa”
Conte indica poi come momento decisivo il Consiglio europeo del 4 luglio 2020, “dove sfiorammo il rischio fallimento, perché volevano ridurre l’ammontare complessivo del piano”.
Chi ha ragione? Di chi è il merito del Recovery Plan? Di Conte o di Gentiloni?
Entrambe le versioni contengono qualche elemento di verità e qualche elemento di propaganda.
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