Chi mente si deve dimettere
Il caso del ministro della Cultura Sangiuliano e della consigliera-non-consigliera Boccia non è gossip. Dopo le troppe bugie, il ministro se ne deve andare. E Meloni non controlla il suo governo
Una premier che va in televisione a mentire, che ripete una versione (nomina avviata ma non completata per istruttoria del gabinetto) farlocca, che omette la realtà, cioè il fatto che Boccia abbia agito per mesi come consigliera di Sangiuliano, è una premier che si lascia risucchiare nello scandalo, che non controlla neppure la narrazione del suo stesso governo.
Non so che fine abbia fatto Elly Schlein durante l’estate, ma in attesa che la segretaria del Pd riprenda il controllo dell’opposizione, ci pensa Maria Rosaria Boccia a mettere in crisi il governo Meloni. Sul serio.
Ora, so cosa penseranno molte lettrici e lettori di Appunti: lasciamo certe cose a Dagospia, il sito che per primo ha sollevato la questione della collaboratrice-non-collaboratrice del ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano.
Questi gossip di fine estate - pensano le lettrici e i lettori di Appunti - vanno bene per chi ha una visione pruriginosa della politica. Oppure, i più cinici qui ad Appunti, diranno che sono comportamenti atavici: da sempre gli uomini potenti si circondano di belle donne e possono cadere nella tentazione di concedere loro qualche favore, come riconoscenza per la compagnia.
E invece no.
Ormai la questione Boccia è diventata una faccenda politica incredibilmente seria a prescindere dal sottostante - una nomina che non c’è stata - perché ha spinto staff ministeriali e perfino la presidente del Consiglio Giorgia Meloni a mentire in pubblico, e a essere sbugiardati in tempo reale dalla stessa Boccia (che, diciamolo, dimostra una personalità e un talento comunicativo notevoli).
Insomma, qual è la questione? Il punto, secondo me, non è la questione sicurezza, e neppure l’abuso di soldi pubblici. Il punto è la menzogna, e l’assenza di ogni leadership e trasparenza da parte di Sangiuliano e di Meloni.
Il vero caso Boccia
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